nostro inviato a Los Angeles
Dopo la contestazione a Maldini durante la sua ultima partita si pensava di aver proprio toccato in fondo. Ma il popolo statunitense, notoriamente superiore a noi in mille differenti settori, ha pensato bene di superarci anche su un altro insidioso terreno: quello della stupidità dei tifosi.
Vedere David Beckham sonoramente fischiato dal pubblico di Los Angeles - un tifo che probabilmente ancora non ha deciso da che parte schierarsi visto che ha esultato più ai gol dei rossoneri che a quelli dei beniamini locali - è cosa da doversi tirare centinaia di pizzicotti sulle braccia e rispolverare l'antico motto sogno o son desto. Vedere David Beckham perdere le staffe durante il tragitto verso gli spogliatoi e cercare addirittura il contatto fisico con un tifoso locale è più che fantascienza. È un intreccio che nemmeno il miglior sceneggiatore di Hollywood avrebbe mai potuto immaginare. Purtroppo però è tutto vero.
Per capire bene cos'è successo all'Home Depot Center domenica sera, bisogna fare un salto indietro allo scorso inverno, quando Beckham ancora si sente un giocatore al top e ottiene da Fabio Capello una promessa speciale: dimostra che sei ancora un calciatore competitivo in uno dei campionati europei e io ti porto ai mondiali in Sudafrica. Il resto poi è cosa nota: Beckham arriva al Milan, scoppia un amore a prima vista e ottiene di restare a Milano qualche mese in più, abbandonando i Galaxy per la prima metà di stagione. Insomma, un canovaccio già visto e rivisto nel mondo del pallone. Eppure a Los Angeles il tradimento non va giù. Galaxy-Milan doveva essere il match del ritorno di David nella sua Los Angeles, ha rischiato di diventare un match e basta. Di boxe, come se non bastasse.
Arrivato allo stadio l'inglese è stato accolto da un eloquente «tornatene a casa, traditore», è stato vittima di fischi ogni volta che ha toccato il pallone, è arrivato quasi alle mani con un tifoso che a fine primo tempo l'ha pesantemente apostrofato, offendendolo anche personalmente. Solo la prontezza di riflessi di Ronaldinho e Nesta, i più veloci ad accorgersi delle scintille, ha evitato il contatto.
Comunque una scena da brividi. E - soprattutto - inconcepibile per un popolo abituato atavicamente a fare di ogni avvenimento uno spettacolo di rara bellezza. Inconcepibile dopo che l'inglese è stato uno dei migliori in campo, inventando il contropiede dell'1-1 e calciando alla solita (perfetta) maniera l'angolo del 2-2 finale. Più o meno, è come se in Italia arrivasse a giocare Kobe Bryant e il pubblico italiano lo contestasse sonoramente; è come se durante le tappe del Giro d'Italia Lance Armstrong venisse pesantemente apostrofato dal pubblico nostrano. Il rispetto nei confronti di chi ha fatto la storia di uno sport è - sempre e comunque - la bussola che deve guidare i tifosi nelle loro più o meno giustificabili contestazioni.
«Incredibile, me l'aspettavo ma non così. Mi sono molto arrabbiato perché sento di meritare rispetto», il primo commento di Beckham che a questo punto torna molto, molto vicino alla maglia rossonera. Sullo screzio coi tifosi americani: «Volevo solo stringere la mano a qualcuno di loro e dirgli di darsi una calmata. Alcune delle cose che mi hanno urlato contro erano veramente indegne».
«Spero di tornare a giocare nel Milan. Mi è rimasto nel cuore e sinceramente sono fiducioso per un arrivederci a novembre» la dichiarazione d'affetto di David al popolo milanista.
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