L’analisi Così i «compagni» tradiscono il Sud

San Gennà ha fatto il miracolo: l’esecutivo Berlusconi, tanto inviso alle burocrazie stataliste che tengono al giogo il Sud Italia, ha partorito la nuova banca del Mezzogiorno. E, udite, udite carissimi Lettori, pure con il sostegno dei ministri leghisti notoriamente dipinti dall’opposizione come un gruppo di fanatici razzisti pronti a qualsiasi nefandezza pur di dividere l’Italia. L’idea di chi è? Di quell’altro scalmanato nordista di Tremonti che qualche anno addietro, insieme alle frange più estreme degli uomini di Alberto da Giussano, tesseva il colpo di mano del settentrione.
Più o meno così erano rappresentati dai media nazionali il ministro dell’Economia e i deputati che concertavano in alta montagna a Lorenzago di Cadore il nuovo modello costituzionale federalista. Oggi, invece, nessuno dei signori dell’informazione progressista, abile nel piegare la verità alle esigenze di lotta politica, ha l’onestà intellettuale di riconoscere che il Pdl e i vituperati razzisti padani hanno messo la loro firma su un provvedimento che destina al Sud della penisola soldi, innovazione e sviluppo. Impegnati animo, corpo, Santoro e Napolitano in astuti remake di ribaltone per via giudiziaria non si accorgono che Silvio & C. scavano ai compagni la fossa del consenso con la politica del fare. Si potrà condividere o meno la costruzione del Ponte sullo Stretto. Potremo temere tutti che la Banca del Mezzogiorno non raggiunga i risultati sperati. Gli onorevoli Fitto e Prestigiacomo obietteranno che le misure predisposte non sono sufficienti, ma, comunque sia, ora anche i meridionali toccano con mano che l’unico bipolarismo nazionale è quello tra la politica del fare e quella del non fare. In una democrazia civile dignità imporrebbe all’opposizione almeno una volta ogni cento di dire: e bravi Bossi e Berlusca che, nonostante la cadenza brianzola, mantengono fede agli impegni assunti e s’ingegnano per riassestare il sud. Nulla di tutto ciò!
Troppo facile scherzare sulla finanza creativa del ministro Giulio, se l’unica proposta alternativa proveniente dalla sinistra è l’innalzamento delle gabelle. Troppo facile prendersela con l’ottimo Brunetta perché si è gravato dell’oneroso compito di introdurre principi meritocratici nella pubblica amministrazione dove sin ad oggi vigeva la lassismocrazia. Sin troppo agevole dire pregiudizialmente niet alla Banca del Mezzogiorno costituita con intenti legislativi diversi dal solito finanziamento a pioggia agli amici degli amici come fatto dalle «privatizzazioni democratiche» (Telecom su tutte). I Signornò sono troppo impegnati a litigare tra loro per le primarie e l’unica cosa che l’apparato sinistrorso riesce a portare a compimento sono i processi. Quelli contro Berlusconi ovviamente: alla finanza creativa oppongono la giustizia creativa! Un paio di mesi addietro le Cassandre rosse tuonavano contro Berlusconi reo di aver cenato con un paio di giudici costituzionali che non hanno minimamente influito sulla sentenza del Lodo Alfano come i fatti hanno dimostrato. L’altra sera invece ad Annozero i paggetti dell’informazione a due pesi e due misure non hanno contenuto il loro stupore quando il direttore Sallusti ha fatto presente che il giudice monocratico Mesiano - e sottolineo monocratico perché decisivo nell’iter processuale - a pranzo con il presidente Prodi brindava alla fine del Cavaliere. Che notizia sarà mai questa?, sbotta Santoro. Così l’ambigua presa in giro continua in barba agli italiani che contribuiscono pecuniariamente non solo a simili trasmissioni, ma anche a pagare la giustizia creativa.


I processi ad personam provano ridicolamente a colmare l’assoluta assenza di progettualità politica di una sinistra allo sbando che è ridotta al lumicino al nord, perde colpi al centro, e ora rischia di affondare definitivamente anche al sud sotto i colpi del Ponte sullo Stretto e della novella Banca del Mezzogiorno.

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