Politica

L’appello dell’ostaggio italiano «Berlusconi ti prego, salvaci»

Inginocchiato, barba lunga, volto bruciato dal sole e tagliagole islamici alle spalle con i mitra spianati. Al Qaida del Maghreb presenta così l'accorato appello audio di Sergio Cicala, l'ostaggio italiano rapito in Mauritania con la moglie il 17 dicembre. Un messaggio che salta fuori, non a caso, 24 ore prima dell'ultimatum dei terroristi sulla testa dei rapiti. «Sono prigioniero dei combattenti di Al Qaida e ho un appello da fare al governo italiano, al presidente della Repubblica e a Berlusconi», dice Cicala con forte accento siciliano. L'impressione è che legga un testo preparato dai terroristi e poi controllato da qualcuno che conosce bene l'italiano. «La mia libertà e quella di mia moglie (Philomène Kabouré originaria del Burkina Faso) dipende dalle concessioni che il governo (italiano) è disposto a fare», sottolinea Cicala. «Spero che al più presto il governo si interessi alla nostra situazione e di conseguenza delle nostre vite. Aspettiamo fiduciosi che tutto ciò possa (...) concludersi nel migliore dei modi, naturalmente con la liberazione sia mia che di mia moglie» sostiene l'ostaggio.
Il messaggio dura un minuto ed è stato scoperto dai “cacciatori” di al Qaida su internet il 24 febbraio. Da ieri l' «appello a Berlusconi», titolo dell'audio con la foto di Cicala in ginocchio nel deserto, si può scaricare da YouTube. Nella parte finale l'ostaggio si rivolge direttamente al capo del governo: «Il presidente Berlusconi è sempre stato rinomato per la sua grande generosità, spero tanto che possa aiutare me e mia moglie».
La registrazione è accompagnata da un breve comunicato dei terroristi. «Nonostante siano passati due mesi - si legge nel testo diffuso in arabo - e nonostante l'avvicinarsi dell'ultimatum dei mujaheddin al governo Berlusconi, quest'ultimo è rimasto in silenzio e non si è sforzato per salvare la vita dei suoi concittadini».
L'appello di Cicala al presidente del Consiglio fa parte dell'accorta strategia comunicativa di Al Qaida nel Maghreb, che si appoggia ad Al Andalus, una casa di produzione nata per rilanciare i messaggi del terrore. Oltre ai coniugi Cicala sono ancora prigionieri tre cooperanti spagnoli.
Martedì scorso è stato liberato Pierre Carmatte, l'ostaggio francese rapito tre mesi prima. I suoi sequestratori, che ha bollato come «pazzi fanatici e pericolosi» rispondono all'emiro algerino Abdelhamid Abou Zed, che ha in mano pure italiani e spagnoli. Carmatte è stato «scambiato» con quattro terroristi di al Qaida rilasciati dalle galere del Mali, paese nel quale i terroristi hanno le loro basi e tengono gli ostaggi. Agli inizi di febbraio i rapitori avevano chiesto la liberazione di alcuni mujaheddin detenuti in Mauritania per rilasciare la coppia italiana. Non sarà facile. Lo scambio per il francese ha scatenato una tempesta diplomatica. La Mauritania e l'Algeria hanno richiamato i loro ambasciatori dal Mali in segno di protesta per la linea arrendevole nei confronti dei terroristi.
Non solo: a fine gennaio il dialogo fra il governo mauritano ed i salafiti di Al Qaida dietro le sbarre sarebbe fallito. Grazie alle trattative si sperava di trovare un accordo sul rilascio degli ostaggi.
Per superare lo stallo i mauritani hanno messo le mani, una settimana fa, su Oumar Ould Sid' Ahmed, conosciuto come Omar del Sahara, la mente e finanziatore dei rapimenti di occidentali poi passati ad Al Qaida. Omar potrebbe essere una buona carta da giocare per il rilascio degli ostaggi italiani, ma il tempo stringe.
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