Chiara fu uccisa con almeno dieci colpi inferti alla testa. L’autopsia ha poi verificato che le ferite erano sostanzialmente di due tipi: di punta e di taglio. In particolare Chiara aveva quasi un foro sul cranio, come fosse stata colpita da una piccozza o comunque da una punta acuminata. E tra gli oggetti che può provocare quel tipo di effetti c’è senz’altro una chiave «a pappagallo» da idraulico. Proprio come quella che papà Giuseppe custodisce nella cassetta degli attrezzi.
Per questo il legale della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, ha più volte chiesto prima informalmente, poi con apposita istanza, per il momento respinta dal pm di Vigevano Rosa Muscio, di far entrare i genitori in casa ed effettuare un accurato
inventario. In casa infatti i carabinieri non hanno scoperto oggetti compatibili con le ferite inferte, ma questo non toglie che l’assassino abbia comunque usato «qualcosa» trovato in casa per poi portarla via dopo l’aggressione. Stabilire questo particolare significherebbe anche individuare l’esatto capo d’imputazione: se il killer ha usato un corpo contundente raccattato sul posto, si tratta di omicidio volontario, se si è portato l’arma, diventa premeditato. Si passa dai 21 anni per la prima ipotesi, all’ergastolo per la seconda. I Poggi vogliono anche verificare se manchino abiti dal guardaroba, in particolare quello di Marco, fratello di Chiara. Appare infatti molto strano che all’esterno della villetta non ci siano tracce di sangue «da gocciolamento». Ma anche che l’assassino, dopo una simile mattanza, sia andato via senza cambiarsi, perché sarebbe andato in giro coperto di schizzi di sangue.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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