L’assemblea Parmalat sceglie ancora Bondi

È stato decisivo l’atteggiamento di Capitalia. Balzo in Borsa del 4,3 per cento

da Milano
«Dalle mie parti si dice: hai voluto la bicicletta, ora pedala: quello che importa veramente sono le cose da fare. E quelle vanno fatte»: sono le parole con cui Enrico Bondi ha commentato il via libera ottenuto ieri dall’assemblea della Parmalat. Con un voto plebiscitario (per il sì il 98% degli azionisti presenti all’assemblea, solo l’1% si è astenuto), l’azienda di Collecchio è a una svolta storica. Non hanno preso parte alla votazione Capitalia, titolare del 5,128% del capitale, Buconero Llc (2,068%), Jp Morgan Gt Corporation (1,843%), Csfb International (1,191%), Bank of America (1,128%) e Gdr-Jp Morgan Chase (0,878%). L’uscita dalla sala di 6 dei 10 maggiori azionisti al momento del voto sulla lista dei consiglieri ha fatto scendere la percentuale dal 30,09 depositato al 16,91 per cento, spianando così la strada alla riuscita della lista Bondi. L’astensione sarebbe infatti stata calcolata come voto contrario. Piazza Affari ha reagito positivamente con il titolo che ha fatto un balzo del 4,93% a 2,47 euro. La conferma di Bondi al vertice allontana inoltre l’ipotesi di uno spezzatino del gruppo alimentare. Granarolo sarebbe stata, secondo indiscrezioni non confermate, pronta a mettere sul piatto per le attività industriali del gruppo fino a 2,4 miliardi di euro per poi eventualmente realizzare alcuni asset, tra cui quelli canadesi. «Essendo Parmalat una grande impresa industriale - aveva sottolineato nei giorni scorsi il presidente di Granarolo, Luciano Sita - potrebbe ricavare da un partner come noi molte ragioni per il proprio sviluppo».
«Il marchio Parmalat è forte - è stata la replica ieri del risanatore - e per il futuro abbiamo una grande speranza che è “jeunesse”». Bondi ha ricordato i passi avanti compiuti durante il suo mandato di commissario: «Quest’anno abbiamo previsto di chiudere l’esercizio con un margine operativo lordo di 300 milioni, il doppio di quando abbiamo preso le redini dell’azienda». E subito ha messo in chiaro che la parte industriale del gruppo non sarà separata da quella finanziaria. «È azzardato formulare previsioni sull’esito dei contenziosi - ha aggiunto -, attendiamo di conoscere cosa decidono i magistrati. Non è comunque previsto alcun fondo a fronte delle cause proposte dagli istituti di credito».
Per gli analisti la permanenza di Bondi al vertice di Parmalat è considerata come garanzia di successo per le cause in corso. A seguire il risanatore nell’operazione di rilancio del gruppo sono i dieci membri del consiglio di amministrazione: Raffaele Picella, Piergiorgio Alberti e gli indipendenti Vittorio Mincato, Marco De Benedetti, Andrea Guerra, Carlo Secchi, Massimo Confortini, Marzio Saa, Erder Mingoli e Ferdinando Superti Furga. Il cda e il collegio sindacale (Alessandro Dolcetti, Enzio Bermani, Mario Magenes, Massimo di Perlizzi e Marco Lovati) rimarranno in carica fino all’approvazione del bilancio 2007. Assogestioni ha giudicato positivamente l’assetto delle regole di governance della nuova Parmalat, considerandolo «un modello da seguire per tutte le società quotate».


Nei primi nove mesi dell’anno Parmalat ha registrato un fatturato netto consolidato per 2.810,9 milioni, in crescita del 4,8 rispetto al 2004, mentre il margine operativo lordo (218,3 milioni) è passato dal 6,9% al 7,8% dei ricavi.

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