Prima o poi succederà. Qualche magistrato deciderà di intervenire. Già vedo le paginate di intercettazioni nei giornali. Già vedo direttori editoriali uscire in lacrime dalle stanze dove magistrati cattivissimi li hanno torchiati per ore e ore. «Non cè nessuna cupola nelleditoria italiana. Ognuno va per conto suo», dichiarerà qualcuno. «Ci siamo dentro tutti. Siamo tutti uguali. Nessuno si azzardi a giudicare», dirà qualcun altro. «È una cosa terribile. Non voglio nemmeno sentirne parlare», dirà un altro ancora. Il quarto: «Io lho sempre detto! Nessuno mi ha ascoltato!». Il quinto: «Cè solo qualche mela marcia, qualche mariolo. Ma il sistema è sano». Il sesto: «È tutto un magna-magna, come sempre in Italia». Il settimo: «Leditoria italiana va rifondata. Bisogna azzerare tutto, e ripartire». Lottavo: «Questa è solo la punta delliceberg. Sotto c'è ben altro...». E qui, con levocazione del benaltrismo, ossia del procedimento retorico che permette di apparire più scandalizzati (e più addentro alle secrete cose...) di altri, e nel contempo di distogliere lattenzione dal fatto in sé, mi fermo; e parlo daltro.
Leditoria è unindustria. Lindustria è unattivià economica: fa girare soldi, genera profitti, dà lavoro a gente. Lindustria è importante. Leditoria è un tipo particolare di industria: appartiene, pur essendo ormai la cenerentola del comparto (rispetto al cinema, alla televisione ecc.), allindustria dello spettacolo. E, si sa, lo spettacolo non si ferma mai. Ogni venticinque minuti il mercato ha bisogno di una nuova star. Ciascuno desidera far parlare di sé, magari perché si dica di lui che è un truffatore, un violento, un criminale, un pervertito. Il pettegolezzo (si dice così, vero, gossip, in italiano?) è il motore di tutto. Basta vedere le fiere, i festival. Limportante non è leggere ciò che lo scrittore ha scritto (dove per «leggere ciò che lo scrittore ha scritto» si deve intendere: «leggere capendo ciò che è scritto»): limportante è toccarlo, lo scrittore, è sentire la sua voce, è riconoscere nella sua voce le parole dei suoi libri, è inebriarsi, è essere come lui, è poter dire: «Cero anchio», e così via.
La letteratura non ha niente che fare con lindustria. Non è unattività economica, non fa girare soldi, non genera profitti, non dà panem a nessuno. Perché mai i giornali dovrebbero occuparsene? Io leggo molti giornali, ne leggo attentamente le cosiddette pagine culturali (anche se preferisco la cronaca: la giudiziaria in particolare), e sono contento che questi giornali mi informino così assiduamente, così puntualmente, sul Magico Mondo della Repubblica delle Lettere, sul Magico Mondo dei Mantenuti dallEditoria, sul Magico Mondo delle Manifestazioni Culturali a Finanziamento Pubblico, e così via.
Se minteressa la letteratura, cerco altrove. «Dove?». «Presso gli amici». «Gli amici scrittori?». «No: gli amici e basta. La letteratura è una forma dellamicizia».
*scrittore, editor e curatore
del blog letterario «Vibrisse»