Ingegner Gian Michele Calvi, presidente dellEucentre di Pavia, come mai la prevenzione dei terremoti si fa solo a parole?
«Perché è una questione estremamente complessa. Si ragiona in termini di probabilità, non di certezza, e i soldi disponibili per ridurre queste probabilità di collasso sono pochissimi».
Ottantamila edifici pubblici a rischio sono una stima buona?
«Direi di sì. Ma oltre agli edifici, nel calcolo del rischio non bisogna dimenticare le conseguenze economiche, a cominciare dai trasporti».
A chi spetta intervenire?
«I centri decisionali sono uninfinità. Per quanto riguarda la sanità, posso però dire per esperienza diretta che un certo lavoro è stato fatto da alcune regioni virtuose, mentre altre sono rimaste indietro».
Quali?
«Hanno operato molto bene in fase di prevenzione Friuli, Marche e Toscana, ma non escludo che si siano fatti passi avanti anche altrove».
Perché non cè una mappatura degli edifici privati a rischio?
«La superficie sismica in Italia è molto estesa. Ma non è lunico problema. Si rischia di diffondere paure non pienamente giustificate.
Nellimmediato non si può fare proprio nulla?
«Si potrebbe favorire forme di assicurazione contro le catastrofi naturali. In Svizzera, senza andare tanto lontano, è obbligatoria come la Rc-auto».
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