L’eurocapriola dei girotondini

Vediamo se lei dottor Granzotto può sciogliere questo dilemma: quando venne presentata la Costituzione europea la sinistra dalla gioia sbarellò come diciamo noi romani. Non importava che non facesse riferimento alle radici cristiane dell'Europa e probabilmente era proprio quella mancanza a far dire alla sinistra e al Presidente Ciampi che non si era visto mai niente di così perfetto. Poi il Parlamento la ratificò a tempo di record sempre nella esultanza della sinistra e del presidente Ciampi. Poi ci sono stati i referendum francese e olandese e ora a Bruxelles ha deciso di sospendere le ratifiche perché non servirebbero a niente in quanto la Costituzione è già stata bocciata.
La mia domanda è questa: come giustificano la sinistra e il Presidente Ciampi l'entusiasmo per una Costituzione che è finita in un nulla di fatto? Abbiamo sbagliato noi a considerarla una meraviglia e a ratificarla o sbaglia l'Europa a metterla nel cassetto?
Sandro Bonanni - Roma

Con quello che è successo al Consiglio europeo, parlare di certe cose è come spargere sale sulle ferite, caro Bonanni. Che facciamo, lo spargiamo? Non è carino, sa? Comunque sia, carino o non carino un fatto è certo: l’Eurocostituzione rappresentava il simbolo, la metafora di una Europa al galoppo verso l’ignoto e le rarefatte atmosfere dell’utopia. Era la quintessenza del profetismo, della cieca fiducia nella ineluttabilità storica dell’Europa europeistica. Preso atto che la Storia batteva la fiacca e che galoppata non infiammava gli animi e anzi, li esacerbava, i Signori dell’Europa hanno deciso di tirare le redini e portare il cavallo nelle stalla. E lì starà, a franger le biade con rumor di croste. Come l’hanno presa, quali temperie scuotono gli animi di coloro che in buona o cattiva fede spasimarono per la (fu) Magna Carta Eurolandica? Mah. Posso solo dirle, caro Bonanni, che la componente più swinging della sinistra ha reagito spedendo a quel paese la Carta che tanto osannarono. Risolvendo così, con un colpo d'anca, i problemi di coscienza. Non state lì a rodervi, scriveva colui che traccia il solco poi difeso dal popolo della Repubblica, l’organo, appunto, della sinistra swinging: il Trattato costituzionale è «una indigesta e a tratti delirante enciclopedia di regole burocratiche vergate da un sinedrio presieduto da un antico e discutibile fantasma delle cancellerie occidentali come Valéry Giscard d’Estaing». Insomma, contrordine compagni: l’Eurocostituzione è (era) una schifezza e recitino il mea culpa coloro - Carlo Azeglio Ciampi in testa - che per essa si eccitarono fino all’orgasmo battendo i tacchi ogni qualvolta compariva in tivvù quell’antico e discutibile fantasma di monsieur Valéry Giscard d’Estaing.
Fin qui, niente di strano: la sinistra swinging - quella dei girotondi e di Micromega, quella del panchopardico ceto medio riflessivo, quella dei salotti e delle terrazze, quella che legge Repubblica, insomma - ci ha abituato a ben altri giri di valzer. Stupisce tuttavia la povertà d’inventiva nell’escogitare il perché della capriola ideologica: la pace. Altro che a star lì a gingillarsi con le radici cristiane dell’Europa, scriveva il tracciatore di solchi, è la pace che avrebbe dovuto essere indicata quale bulbo e tubero, quale collante della patria comune. E invece non tanto «i valori della pace, ma la stessa parola pace non si poteva nominarla neppure una sola volta, in centinaia di pagine». Ragion per cui quella schifezza dell’Eurocostituzione è abortita. Questa è davvero bella.

A parte il fatto che, prima di strologarci sopra, l’aedo della sinistra swinging avrebbe fatto bene a leggersela, l’Eurocostituzione, perché la parolina magica e i valori che essa rappresenta compaiono - Articolo 1 - nella prima delle centinaia di pagine. Ma che baggianata è quella di indicare la pace come radice e collante dell’Europa? E Salamina? E Canne? E Alesia? E la selva di Teotoburgo dove l’europeo Arminio le suonò di santa ragione all’europeo Varo che ancora aspettiamo si decida a rendere le legioni? E Roncisvalle? E Curtatone e Montanara? E Calatafimini? E il Piave mormorò? E Marengo? E Waterloo? E Hasting? E Pavia dover tutto andò perduto fuorché l’onore? E l’Invincibile Armada? E quella volta là, a Rocroy, che il principe di Condé fece la pennichella?

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