La prima cosa che ti chiedono quando arrivi, è dove hai parcheggiato lauto. Se la lasci nel posto sbagliato la ritrovi con un vetro rotto o una portiera aperta. Altrimenti «te la fanno», punto e basta. La seconda cosa che ti dicono è di non oltrepassare la metà del giardino che cè davanti alle abitazioni. Altrimenti entri nel «loro» territorio. La terza cosa che ti raccomandano, è di sorridere e salutarli quando li incroci. Sempre.
«Coi nomadi benestanti devi ammiccare - spiegano dal quartiere -. Per forza». Perché le regole in via Emilio Bianchi, nellex fortino della droga ripulito alla fine degli anni Novanta dai boss della malavita, le dettano loro. Gli zingari del campo autorizzato di via Negrotto. Ottantadue nomadi italiani, riuniti in 26 famiglie provenienti per lo più dallex Jugoslavia, secondo lultimo censimento delle forze dellordine del 9 luglio 2008. «Quelli identificati. Ma dentro ce ne saranno almeno 200 - precisano gli abitanti della zona -. Il numero è incontrollabile. Prima cerano serbi e kosovari. Ora sono quasi tutti sinti - italiani, di seconda generazione». Li conoscono bene qui, ci convivono gomito a gomito da quasi quarantanni. Linsediamento confina coi caseggiati del civico 6/B (183 famiglie, di cui 120 anziani), con lasilo nido di via Cretese e si allunga sui binari della ferrovia tra le fermate del passante Villapizzone e Certosa. In una posizione strategica, nascosta dagli alberi e con una via di fuga sempre aperta sui binari, quando arrivano i controlli. «Una pattuglia da sola non entra nel campo - racconta Bianca, residente nellex fortino -. Aspettano i rinforzi. Chiamano i capi famiglia e intanto gli altri scappano». Nomadi «benestanti» in tutto e per tutto. «Stanno meglio di noi - prosegue Marco -. Hanno costruito villette, montato due piscine. Si allacciano abusivamente alla corrente e allacqua a spese dei cittadini». Di fare tutto ciò che vogliono, giurano dal quartiere: di entrare nelle cantine, negli appartamenti e di svuotarli, di spaccare le auto, di girare nottetempo con motorini rubati, di far pascolare galline e pony nel giardino dellasilo nido, di usare il campetto della palestra a loro piacimento, di mettere musica a tutto volume per giorni interi per festeggiare lennesima fuga dalla polizia. Hanno tra i 6 e i 20 anni. E se solo ti azzardi a dire qualcosa... «Paghiamo le tasse, un affitto e siamo noi che dobbiamo adeguarci - dice Marco - comprando un box, preoccupandoci di aver imboccato la strada sbagliata o di non averli salutati». Lui abita qui dal 1999, appartiene alle forze dellordine ed è uno di quelli che ha ricevuto la casa come alloggio di servizio per bonificare la zona.
«Ma cosa bonifichi? Con che mezzi ci hanno messo a tutelare il quartiere - continua -. Perché il Comune non interviene sul campo nomadi? Basterebbero delle telecamere per fare un po di prevenzione». Non chiede di mandarli via, ma che stiano nella regolarità. Mollare le redini, vuol dire mettere le basi per ricreare il fortino. «Ma noi siamo i dimenticati - dice Bianca - quelli che vivono dove scatta il coprifuoco appena viene buio». Qui in via Emilio Bianchi, non ti consegnano nemmeno la pizza a domicilio per paura di un furto e i fornitori vengono solo se possono portare dentro il furgone. «Un tempo il dazio lo pagavi per entrare, ora se lasci fuori lauto», aggiunge Riccardo.
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