La tentazione di evadere e insieme quella di rientrare nel proprio originalissimo lessico espressivo, piegando la nobiltà della lingua al colore estemporaneo del dialetto fino a magnificarla nella viva parlata dei personaggi, è una cartina di tornasole che ha toccato molti dei grandi autori dellolimpo letterario. A eccezione di coloro che, ostentando un severo disprezzo per la lingua del popolo, hanno voluto dimostrare in un delirio donnipotenza di essere in grado di trasporre le loro ossessioni nellaulica eleganza del francese, come accadde a Oscar Wilde con Salomé e a dAnnunzio nel Martyre de Saint Sebastien. Pirandello, invece, sensibile come non mai allimperativo categorico della sua terra, ha ripudiato per tutta la vita la sfida adombrata in simili esercizi di stile, ripiegando doloroso e inquieto sui temi ossessivi prediletti - dalladulterio alla pazzia - ai quali lefficacia immediata della parlata schietta conferiva una sorta di arcana nobiltà. Come si evince dal quarto volume di Maschere Nude (Opere teatrali in dialetto, Mondadori, I Meridiani, pagg. 1919, euro 55, edito insieme alle ultime opere in lingua). Si pensi a Ccui nguanti gialli, sapiente traduzione in siciliano di Tutto per bene in cui, a differenza del testo in lingua, la condizione sfasata del duetto piccolo borghese agìto dalla volgare Donna Sabedda vedova Clarino e da Cocò, il figlio imbelle che si porta al guinzaglio come il più squallido dei tirapiedi, si manifesta fin dalle prime battute. In uno svariare di interiezioni beffarde e di pittoresche proteste solo in parte avvertibili nel copione in lingua. Dove lingresso nel salone delle feste, il giorno del matrimonio di Palma, conferisce alle insolite pretese dei personaggi, dato il modesto fraseggio italiano di questi parvenu delle classi alte, un che di sforzato e nevrotico. In un andamento di sapore burattinesco fortunatamente assente nellelaborazione dialettale. Superbamente caratterizzata da iperboli grossolane e ghiotti contrasti di incandescente comicità.
Nel caso di Pirandello, poetico inventore di un dialetto che scopre, ridefinisce e nobilita nellattimo in cui viene calato sulla gran pagina del teatro, il ricorso icastico e ferocemente beffardo alla propria lingua natia si scontra col revival della maschera popolare. I personaggi delle opere dialettali, infatti, non sembrano più le maschere nude cui ci ha abituato lautore di Questa sera si recita a soggetto. Ma, se possibile, maschere colme dellantica arguzia plautina che, invece di fissarsi nella tipologia della farsa, tornano ad assumere, appena svolto il compito di manifestarsi sulla scena del mondo, larcaica dignità delle maschere sacrali del mondo classico. Quelle che Pirandello in una famosa lettera a Ruggero Ruggeri, in occasione di una ripresa dei Sei personaggi, raccomandava di imprimere ai volti degli attori fino a dar loro «la poderosa consistenza e fissità despressione», che ritroviamo nei drammi di Sofocle.
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