«Con l’indulto sconti di pena per un milione di condannati»

Stefano Zurlo

da Milano

L’indulto? «Alla fine riguarderà centinaia di migliaia di persone. Forse, un milione».
Un milione, senatore Castelli?
L’ingegnere acustico Roberto Castelli, come lo chiamavano ironicamente i magistrati quando era ministro della Giustizia, non si scompone: «Capisco che possa sembrare fantapolitica, ma è la realtà. Non credo che l’opinione pubblica abbia ben compreso i meccanismi dell’indulto».
Che cosa la gente non ha capito?
«Non è chiaro che l’indulto è una bomba a orologeria. Il provvedimento di clemenza riguarda gli illeciti compiuti fino al 2 maggio 2006, fino a ieri. Quindi anche moltissimi illeciti non ancora scoperti».
Ma che verranno perseguiti nei prossimi anni.
«Questo è il punto. Moltissime pene, da quelle pecuniarie a quelle detentive meno gravi, di fatto non verranno scontate. E questo effetto si allungherà come un elastico nei prossimi sette, otto, dieci anni. Fino alla prescrizione dei processi attualmente pendenti».
Insomma, ai quindicimila detenuti già usciti vanno sommati quelli che non entreranno mai in cella?
«Esatto. E qui le cifre sono impressionanti».
Da dove cominciamo?
«Dai processi penali pendenti che erano, quando ho lasciato il ministero, circa cinque milioni. Togliamo pure un milione di dibattimenti che andranno tranquillamente in prescrizione e immaginiamo che su quattro milioni di procedimenti la metà si chiuda con la condanna di almeno un imputato. Ragionevole?».
Arbitrario.
«Ma ragionevole. Anzi, prudente. E lo dico da ex Guardasigilli».
Dunque arriveremmo a due milioni di condanne, da qui al 2014?
«Esatto. Togliamo pure i reati coperti dalla condizionale, quelli esclusi dall’indulto e le condanne sopra i sei anni».
Perché sopra i sei anni?
«Perché quelle non avranno conseguenze pratiche, almeno nei primi anni, rispetto al nostro ragionamento».
Le altre?
«Tutti i pregiudicati con condanne fino a sei anni di fatto non andranno in galera. Perché da sei anni scenderanno automaticamente a tre e a questo punto otterranno l’affidamento in prova ai servizi sociali, evitando il carcere».
Sullo scivolo dell’indulto viaggerà un esercito di scippatori, ladri, rapinatori, spacciatori e via elencando?
«Esatto. I calcoli diventano necessariamente incerti».
Azzardi.
«Certo non parliamo più di quindicimila o ventimila detenuti. Altro che: qui parliamo di duecento, trecentomila persone che schiveranno la cella da qui al 2013 o 2014, diciamo per sette anni e mezzo calcolando i tempi medi della prescrizione. Più, a voler essere pignoli, tutti quelli che comunque non ci andrebbero perché colpiti da sanzioni lievi, leggere, poco più che simboliche. Comunque anche loro se la caveranno senza danni. Senza un graffio».
In totale?
«Prevedo un milione di fortunati. E all’interno di questo insieme il sottoinsieme dei graziati che non andranno in cella. Appunto duecento-trecento mila, forse di più. Se vogliamo essere precisi dobbiamo cancellare la parola indulto».
Lei che termine preferisce?
«Sanatoria. O se proprio si è conservatori indulto permanente. A proposito, lo sa che già oggi l’indulto ha cambiato o sta cambiando la vita di moltissime persone».
Oltre ai sedicimila detenuti che stanno lasciando le carceri?
«Ci sono almeno quindicimila persone con condanne molto basse, in detenzione domiciliare o in prova ai servizi sociali. Per loro la pena è già estinta. E poi non dobbiamo dimenticare le settantamila condanne definitive non ancora eseguite».
Condanne in stand by?
«Sì, se le piace questa espressione. Tutti questi faldoni aspettano in coda il loro turno nei tribunali di sorveglianza.

Io quando ero ministro avevo lanciato una battuta paradossale ai magistrati: “Fate piano, senza fretta, perché altrimenti non sappiamo dove mettere i nuovi detenuti”. Adesso però quel problema non c’è o è molto ridimensionato. Molti non pagheranno il conto con la giustizia. E pochissimi avranno la sventura di entrare in carcere».

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