«L’infelicità araba», il saggio che fa i conti con la modernità

«Non è bello essere arabo di questi tempi. Senso di persecuzione per alcuni, odio di sé per altri, nel mondo arabo il mal di esistere è la cosa meglio ripartita. Anche chi per molto tempo ha pensato di esserne immune, sauditi vincitori e kuwaitiani prosperi, è stato contagiato dopo quell'11 settembre». Inizia così il saggio L'infelicità araba (Einaudi, pp. 92,8 euro) di Samir Kassir, storico e giornalista per anni animatore della vita intellettuale e politica libanese. Il libro parla degli arabi, eredi di una grande civiltà che guardava al futuro e che oggi possono riappropriarsi del proprio destino a patto di liberarsi della cultura del vittimismo. E di fare i conti con quella modernità che molti continuano a vivere come minaccia.

Nel 2005 Kassir ha ispirato la «primavera di Beirut», il movimento di massa che ha condotto alla liberazione del Libano dalle truppe di occupazione siriane. Un impegno che ha pagato con la vita, venendo assassinato il 2 giugno 2005 in un attentato terroristico. Questo è il suo ultimo libro. E il primo a essere pubblicato in Italia.

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