L’iniziazione esoterica dell’orientalista guerriero

Pubblichiamo una parte dell’intervista inedita rilasciata nel 2001 da Pio Filippani Ronconi ad Angelo Iacovella e contenuta nel libro L’orientalista guerriero. Omaggio a Pio Filippani Ronconi appena uscito per Il Cerchio.

In merito alla Thule e alle sue aspirazioni più propriamente occulte, può dirmi qualcosa di più? Lei praticava già allora delle discipline realizzative?
«Io conobbi i Tantra, quando avevo quattordici anni e qualche mese, quindi si può immaginare... Già conoscevo, avevo delle idee rudimentali, non certamente perfezionate, di sanscrito e di arabo; potevo interpretare un testo scritto in sanscrito, naturalmente con l’aiuto di una traduzione. Anche adesso, cerco sempre un appoggio... ma comunque possedevo il sanscrito e avevo, con grande fatica, letto Hermann Wirth, Der Aufgang der Menschheit, dimenticandomi del piccolo particolare che non conoscevo il tedesco. Allora, non lo conoscevo affatto. Quindi andavo sempre alla Biblioteca Nazionale, dove cercavo di sgattaiolare, perché, quando mi vedevano coi pantaloni corti, mi rimandavano via, a meno che non ci fosse una signora che si inteneriva per me... Poi, io ti ho detto che conobbi i Tantra. È una cosa che non ho detto mai, ma adesso sono abbastanza vecchio e posso anche correggere la mia biografia. Conobbi anche molte altre cose, che abitualmente vengono tenute segrete, non certo in Europa, ma sicuramente in India. Mi auto addestrai nello studio delle rune e arrivai a determinati risultati molto semplici, ma anche, diciamo così, molto... “volgari”. Come far piovere, oppure far partorire una vacca, oppure, non so, sapere quello che c’è sotto terra in un determinato posto... In Africa, mi ricordo di aver adoperato questi piccoli giocattoli per trovare caverne, luoghi dove mettere il comando di compagnia. Io guardavo una carta, dicevo, “qui abbiamo dodici metri di distanza dal nemico, qui c’è una caverna, qui c’è una fonte d’acqua che però non funziona più, l’acqua è avvelenata, è cattiva...” e via discorrendo».
Cosa può dirmi delle sue “iniziazioni orientali”, specie di quella zoroastriana?
Quella zoroastriana fu veramente qualcosa di straordinario, perché io sono stato portato in un luogo segreto, che stava nel cuore della capitale persiana. Un luogo, il primo posto dove si sarebbe scatenato l’urlo della marmaglia, per distruggere questi pagani... entrai, c’era un grande cortile con un piccolo edificio nel centro. Entrai e scendendo, mi ricordo che c’era un vecchio inturbantato, un vecchio zoroastriano col turbante che cantava le lodi di Zarathustra, con una voce pulita, meravigliosa. Mi portarono lì senza dirmi niente. Io arraffai una sciarpa e un paio di guanti, perché sospettai che c’era qualcosa. Allora mi portarono dinnanzi a questo tabernacolo dove ardeva uno dei tre fuochi dell’Iran, mi infilai i guanti... poi presi la sciarpa e me ne feci un turbante, tappandomi la bocca, e poi cantai lo Ahunavaitì... e recitai la Ahunavaitì, che è la lode all’uomo giusto, all’uomo che non mente. Questi due persiani, commossi, mi presero così, così, sotto il braccio, che è un gesto che esiste, credo, dall’Anatolia fino alla Cina. Le persone di rispetto si aiutano a camminare, si suppone che siano sfinite di stanchezza. Chi avesse detto loro che io mi ero occupato di Zarathustra, non lo so... E pensa che la settimana prima, avevano rifiutato di mostrare il fuoco sacro, a Bombay, a un professore che era, forse, il più grande iranista europeo, il professor Duchesne».
Lei ha viaggiato molto?
«No, poco, pochissimo. Sono stato in Africa settentrionale, son nato in Ispagna, ho soggiornato in Francia dai miei zii, zii piemontesi e francesi, poi... dove sono stato? In vari posti...»
In Russia?
«In Russia ci son passato soltanto e mi son divertito perché mi misero vicino una bella ragazza, che aveva il compito di scrutare ciò che io leggevo; e io mi ero portato il vangelo in russo e questa mi si mise accanto nella aereostazione di Scere... mi pare. Lo aprii di colpo e vidi che costei era restata... così. Mi feci il segno della croce, tre volte, e cominciai a recitare... avevo il testo in greco. Lo lessi: en arché en o logos kai... Recitai questo a mezza voce e poi lo recitai in russo. E continuai tranquillamente per una mezz’ora e poi chiusi il vangelo, lo misi da parte e mi misi ad aspettare l’aereo...Mi dettero la laurea honoris causa in teologia islamica per premiare le opere che avevo scritto nell’ambito degli ismaeliti. Gli ismaeliti, se avessero potuto, mi avrebbero tagliato la gola...».


Per lesa maestà... per leso imam...
«Già. Adesso conosci quasi tutti i miei misteri... tu sei mai stato in Iran?»
No, purtroppo.
«Un paese molto piacevole».
Anche adesso?
«Beh... basta non essere iraniani...».

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