L’INTERVENTO

La crisi c’è, e sarebbe assurdo sostenere il contrario. Eppure il 2009 non sarà un anno catastrofico per l’Italia, nonostante le previsioni pessimistiche sparse a piene mani. Ragioniamo. La roulette impazzita della globalizzazione senza controllo ha partorito una finanza gonfiata, con una miriade di risparmiatori trasformati surrettiziamente in investitori senza rete. Ma ora il gioco è finito. E questo è un bene, perché la deriva dell’economia di carta era un equivoco che gravava da troppo tempo sull’economia reale.
Certo, è successo quello che da sempre accade in questi casi, e cioè che il risparmio viene «pulito» ai danni di quei risparmiatori che avevano puntato sull’aumento dei volumi dell’espansione senza verificare la validità dei prodotti. Per dirlo con una frase un po’ cruda, insomma, la disgrazia è già stata distribuita. Tutto questo, però, in Italia ha avuto conseguenze più limitate rispetto al resto dell’Occidente, un po’ perché il nostro sistema bancario è rimasto ai margini della degenerazione finanziaria, un po’ perché il nostro è un sistema senza grandi colossi economici - a parte la Fiat - e non c’è stata la tendenza all’ingigantimento delle aziende (chi ci ha provato - vedi Parmalat e Cirio - è finito male). E comunque, il nostro governo è stato il primo a garantire i risparmi dei cittadini con uno scudo efficace al sistema del credito.
Ma, detto questo, siccome non voglio che il mio appaia come un ottimismo di maniera, provo ad elencare i fattori positivi che mi inducono a vedere meno nero di tanti osservatori su questo 2009. Primo punto: gli italiani dispongono di un risparmio enorme, il più grande del mondo. Un risparmio diffuso, non concentrato. Allo stesso tempo, le famiglie italiane registrano il più basso indebitamento pro capite a livello globale. Anche i finanziamenti al consumo, quelli che hanno portato tante famiglie americane al collasso, hanno finora portato in Italia a un indebitamento ridottissimo rispetto alla media mondiale. Voglio dire che se è vero che abbiamo il più alto debito pubblico fra i grandi Paesi occidentali, se lo sommiamo a quello privato scopriamo che stiamo meglio non solo degli Stati Uniti, ma anche della Francia, della Gran Bretagna e della stessa Germania.
Secondo punto: la situazione immobiliare italiana. È un dato acquisito che 75 italiani su cento possiedono una casa di proprietà, e il 20-25% di questi ne possiede una seconda. Anche questo è un atout positivo col quale l’Italia affronta il 2009. Va tenuto conto poi che un’alta percentuale di questi immobili non è di recente costruzione. Questo significa che il patrimonio immobiliare di proprietà individuale da noi è vecchio, e quindi ha già scontato il suo debito. Quello più recente, sul quale gravano ancora le ipoteche dei mutui, non ne costituisce dunque la parte essenziale. E inoltre i mutui a lunga scadenza, quelli trentennali, sono relativamente pochi. Anche l’indebitamento immobiliare, insomma, rappresenta una «sofferenza» inferiore se lo confrontiamo con ciò che accade all’estero. E il nostro governo, comunque, ha consentito di allungare le rate. Grazie ai Tremonti bond, chi perde il posto di lavoro o va in cassa integrazione si vedrà sospeso per 12 mesi il rateo del mutuo da pagare. L’abbassamento dei tassi d’interesse, inoltre, è un altro atout positivo, anche se non determinante.
Terzo punto: il crollo del prezzo del petrolio darà un sollievo alle famiglie con un calo consistente, calcolato in centinaia di euro, delle bollette. Mentre è già partito il bonus elettrico per le famiglie numerose a basso reddito. Quarto punto: lo stanziamento di 17,8 miliardi per le grandi opere innescherà un circolo virtuoso in grado di creare più dei 200mila posti di lavoro previsti. Questa valanga di soldi messa a disposizione dal governo italiano - il primo e l’unico per ora che lo ha fatto - arriverà sul mercato entro un anno e darà un grande scrollone all’economia italiana, oltre a porre le basi per ridurre il gap infrastrutturale che ci divide dal resto d’Europa. Detto questo, c’è un grande fattore di criticità sul quale è necessario intervenire rapidamente: quello che coinvolge le piccole e medie imprese, che sono la spina dorsale produttiva del Paese e che sono in difficoltà perché hanno difficile accesso al credito e perché la ricchezza dell’Azienda Italia sta soprattutto nell’export, per cui la contrazione dei consumi sui mercati esteri determina una grave situazione di sofferenza.
Il flusso del credito sarà dunque, nei prossimi mesi, un elemento essenziale di stabilità, anche se il governo ha già fatto molto su ammortizzatori, cig e crediti alle piccole e medie imprese.

Il problema è sostenere il sistema produttivo nella consapevolezza che l’Italia, tra i Paesi occidentali, è quella che ha il marchio migliore, perché il made in Italy è sinonimo di eccellenza in tutto il mondo. Per questo sostengo che non dobbiamo farci condizionare dal pessimismo cosmico che toglie la voglia di lavorare e di programmare il futuro.
*Coordinatore nazionale di Forza Italia

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