Le elezioni del Sindaco di Milano sono un evento politico di rilevanza nazionale e costituiscono un banco di prova per gli equilibri poltiici presenti e futuri. Il fatto che la Cgil locale sia scesa in campo per sollecitare da parte di tutte le forze di centro-sinistra e di sinistra a "ritrovare le ragioni dello stare insieme per dare una svolta alla città" sciogliendo in tempi rapidi una candidatura condivisa e credibile, non dovrebbe costituire motivo di sorpresa. La demolizione della forma di partito tradizionale, avviata con successo nel 1992, ha portato a forze politiche leggere e purtuttavia ad un sistema assai costoso, ad una democrazia interna inesistente e ad una trasparenza amministrativa delle istituzioni tutta da dimostrare. Gli eredi del Partito che fu di Palmiro Togliatti hanno subito la stessa sorte delle altre forze politiche tradizionali e si è prodotto un fenomeno che un tempo sarebbe stato impensabile. La forza organizzativa radicata e diffusa nel terrritorio della Cgil , unita ad una linea politica, che teneva alta la tradizione de " patito di lotta " spesso oscurata dal "partito di governo" , ha prodotto un'inversione di marcia della tradizionale cinghia di trasmissione che è iniziata con la segreteria di Sergio Cofferati. Non più il trasferimento della linea politica dal partito al sindacato ma un ruolo sempre più condizionante della Cgil , che si è fatta "partito" nei confronti della forza politica di riferimento.
La questione non è tanto la legittimità di assunzione di questo ruolo da parte di un sindacato. I vecchi equilibri politico istituzionali sono radicalmente modificati e tutto il mondo associativo persegue, nel modo che ritiene più opportuno, la difesa degli interessi dei propri rappresentati in un rapporto diretto con le istituzioni ad ogni livello senza più la mediazione delle forze politiche tradizionali. A Milano sono per altro evidenti i forti legami tra l'amministrazione comunale e il momdo imprenditoriale. Si tratta di chiedersi semmai se esistono le condizioni per ricomporre un'area larga non semplicemente " della sinistra " che è un concetto assai poco nitido, ma delle differenti sinistre e del centro sinistra con un programma e un candidato credibile e accettato da tutti. Non è una questione teorica ma assolutamente concreta che emerge chiaramente dalle difficoltà profonde in cui si dibatte il Partito Democratico, che costituisce una sperimentazione del compromesso storico in versione minore, esposto a defatiganti ma reali problemi identitari. Del resto l'idea delle primarie, che nell'esperienza americana è uno strumento radicale di selezione delle varie candidature, è utilizzata prevalentemente nell'esperienza italiana come un momento di verifica dei gruppi organizzati in vista della distribuzione dii incarichi futuri.
In una città come Milano vince chi convince l'opinione pubblica di essere in grado di governare in termini efficaci e trasparenti, prestando una grande attenzione sia ai temi della crescita economica che alle esigenze sociali delle fasce più deboli senza cadere nelle derive di un semplice assistenzialismo e senza ignorare l'esigenza della sicurezza di tutti i cittadini.
*Segretario UIL di Milano e Lombardia
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