L’intervento La guerra perfetta? Esiste, ma nei film

Se uno si mette a voler ragionare sulla guerra da perfettista è ovvio che non arrivi da nessuna parte. La guerra è quanto di piu lontano dalla perfezione. Si potrebbe definire un male a volte necessario. Che l'ha giustificata nella la storia, anche all'interno della tradizione cristiana, lo ha fatto in questo senso. Allora la domanda principale da farsi - va sempre ricordato - è: c'erano alternative? Che si possa fare sempre meglio non c'è dubbio. Che in questa guerra di errori ne siano stati fatti e se ne stanno facendo non c'è dubbio. Che gli interessi particolari guidino più delle effettive strategie militari (che ad essi sono sottoposti) è altrettanto ovvio. Fin qui tutto bene, tutti d'accordo. Ma - lo ripetiamo - che alternativa c'era? Se, come va ripetendo il segretario di Stato americano Hillary Clinton, Gheddafi sta cercando un esilio all'estero e per questo sono già in essere contatti più o meno formali, non avrebbe valso la pena fare quello che è stato fatto? Se il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dice a Gheddafi di fermarsi perché in questo modo sarà possibile una mediazione, si può pensare che questa esortazione sarebbe stata dotata di eguale forza senza l'intervento? A fronte di questo varrebbe ancora la critica all'intervento militare in Libia a fronte di mancati interventi in Paesi come il Sudan o lo Yemen? Se si sbaglia o si è sbagliato a non intervenire altrove, questo rappresenta una buona ragione per cui non si dovrebbe intervenire in Libia? Anche in questo caso: o tutto o nulla? O dappertutto o in nessuna parte? Evidentemente questo non può essere un modo di ragionare corretto perché in questo caso specifico correttezza e realismo coincidono.
Si sostiene anche che l'intervento sarebbe sbagliato perché è molto incerto l'esito finale del dopo - Gheddafi. Forse, sostengono questi critici, sarebbe stato meglio tenersi il Rais perché si mira a spodestare il certo (sia pure terribile) per l'incerto (che potrebbe pure essere peggio). É sicuro che l'Europa in particolare ha la responsabilità, dopo l'intervento, di occuparsi di quelle decine di migliaia di giovani che hanno iniziato la rivolta. Se i ribelli sono stati cavalcati da personaggi loschi e appartenenti alle peggiori congreghe gheddafiane, rimane inalterato il dovere di offrire un futuro a questi giovani guidati dalla voglia di libertà e di autodeterminazione del proprio futuro.
In questo l'Italia è ancora in tempo a giocare un ruolo chiave.

Non si tratta di trasformare il nostro paese in una Onlus, si tratta di ragionare nella logica del Piano Marshall. Altrimenti la logica è quella di Sarkozy: dichiarazione di valori universali, azione limitata ai propri interessi.

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