L’INTERVISTA 4 GIULIANO PISAPIA

«Non so e non capisco quali siano le intenzioni del Pd. Anche per questo mi sono fatto avanti, per uscire da un’ impasse deleteria. C’era una situazione di stallo che non dava alcuna risposta ai milanesi che nelle ultime elezioni non sono andati a votare per una profonda delusione rispetto a come era stata gestita la scelta del candidato del centrosinistra. Da quando mi sono dichiarato disponibile e pronto ad affrontare il confronto elettorale per il sindaco di Milano, già ho sentito un’aria diversa».
Giuliano Pisapia, 61 anni, avvocato, ex deputato di Rifondazione, figlio di una buona famiglia della borghesia milanese, ha annunciato una settimana fa la sua scelta di correre per Palazzo Marino. E lunedì sera affronterà per la prima volta i suoi (potenziali) elettori in un’assemblea al teatro Litta.
Da quando il sindaco viene eletto dai cittadini, Milano ha sempre eletto un sindaco di centrodestra. Perché l’anno prossimo le cose dovrebbero cambiare?
«Perché è la realtà ad essere cambiata. L’attuale giunta ha creato un malcontento che non si vedeva da tempo ma che attraversa tutte le categorie di questa città Non c'è mai stata una delusione cosi forte, una volontà così palpabile di cambiare pagina. Il segnale nelle ultime regionali è stato netto. Il centrodestra in città ha vinto con un distacco molto limitato».
Mettiamo che vinca lei. E poi? Come si tiene insieme uno schieramento che va dal Leoncavallo agli ex dc?
«Non dobbiamo inventarci degli steccati ideologici che non ci sono. Non dovremo legiferare di bioetica o politica internazionale, ma affrontare i problemi di una città che è per sua natura una città concreta, quali quelli del traffico, dello smog, del verde, della casa, degli sfratti e del lavoro. Dobbiamo renderla più vivibile, più solidale, più umana e, perché no, più allegra. Non pensare solo al centro, ma anche, e in certi casi soprattutto, alle periferie dove ormai il livello di degrado è inimmaginabile. Quartieri dove fino a quindici anni fa si trovavano luoghi di aggregazione e iniziative anche culturali estremamente interessanti, oggi sono posti dove la gente ha paura ad uscire».
Però il centrosinistra continua a pensare che la sicurezza sia roba da fascisti.
«Il centrodestra ha vinto le elezioni proprio sul tema della sicurezza, e cosa ha fatto in questi anni? Davvero pensiamo che la città oggi sia più sicura di quattro anni fa? La repressione è diventata un fine invece che uno strumento. Dobbiamo fare come in Spagna: gli incentivi ai vigili e ai poliziotti non sono collegati al numero degli arresti o delle multe, ma sulla base dei risultati, la diminuzione dei reati in una cera area, la scorrevolezza del traffico ».
Intanto i muri contro gli stranieri li hanno alzati sindaci di sinistra: a Sesto San Giovanni e a Padova.
«Io ai muri preferisco i ponti. Purché su quei ponti ci si incontri a metà strada. L'obiettivo di una città con meno reati, più tranquilla, più sicura riguarda tutti, e soprattutto le fasce deboli».
Crede che il Pd sia disposto ad accettare un candidato che non venga dalle sue fila?
«La domanda giusta è: siamo disposti ad accettare di perdere ancora? Io mi sono fatto avanti per superare l'immobilismo suicida per cui, invece di confrontarsi e di organizzarsi per vincere, non si faceva altro che lanciare sui giornali nominativi di persone autorevoli, che spesso avevano già detto di non essere disponili o che non erano stato nemmeno stati interpellati. Allora ho saltato il fosso».
E il Pd come l'ha presa?
«Il Partito democratico è diviso al suo interno. Io non faccio parte del Pd, comprendo la necessità di un confronto interno e attendo con rispetto le sue decisioni. Ma l’obiettivo comune deve essere portare tutti a votare. Dobbiamo convincere chi nelle ultime tornate non è andato a votare o ci è andato turandosi il naso».
Lei è stato deputato di Rifondazione.
«Eletto come indipendente».
Non pensa che per l'elettorato moderato sia più rassicurante una candidatura come quella di Livia Pomodoro?
«Ho la mia storia. A volte vengo accusato di essere troppo moderato, a volte troppo di sinistra. Io mi considero un uomo del dialogo».
Piccolo test.

Sta con i ragazzi dei concerti o chi protesta per i decibel?
«Non ha senso che grandi artisti vadano a suonare a Bolzano invece che a Milano per paura delle denunce. Ma con gli abitanti va costruito un rapporto che tenga conto delle loro esigenze».
Non è che si sbilanci tanto.
«Lo dicevo che sono un uomo del dialogo».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica