L’INTERVISTA DAVID HEWSON

Il segreto del successo internazionale dei romanzi dell’inglese David Hewson è basato su una ricetta che consiste nel proporre ai lettori un affascinante viaggio in Italia con delitto. Un itinerario che deve contenere suspense, ambientazioni mozzafiato, un pizzico di gastronomia e investigatori rigorosamente made in Italy. Questa è stata fino ad oggi la semplice formula delle inchieste del poliziotto Nic Costa ideato nel 2003 da David Hewson e protagonista di storie ambientate nella Roma contemporanea fra serial killer, sette sataniche, altri prelati e agenti dell’FBI. L’editore Fanucci ha pubblicato in sequenza Il sangue dei martiri, La villa dei misteri e Il rituale sacro, sottoponendo Hewson alla prova finale con i lettori italiani.
Non è un po’ esotico per un inglese raccontare l’Italia attraverso i noir?
«Ho passato talmente tanto tempo a Roma che credo che sia difficile che le mie descrizioni sembrino esotiche. In effetti, credo che ai giorni nostri sia quasi impossibile mostrare dell’esotisimo in letteratura. La gente viaggia molto di più di una volta e ha accesso a decine e decine di informazioni grazie anche a Internet. Quello che cerco di fare nei miei libri è di mostrare Roma così com’è nella realtà. Potrei dire che Roma è un personaggio unico e realistico ma allo stesso tempo ogni lettore può immaginarsela, la può esplorare, assaporare, percepire, persino toccare grazie alla propria immaginazione.»
Le è mai capitato di leggere romanzi di noiristi italiani? «L’autore italiano più conosciuto all’estero in questo momento è Camilleri. Ed è un peccato che non venga tradotto in lingua inglese un numero maggiore di autori del vostro Paese».
Com’è arrivato a ideare la fortunata serie di Nic Costa?
«Dopo avere scritto cinque romanzi di suspense non seriali volevo realizzare qualcosa di davvero diverso. Gli scrittori britannici in questi anni hanno focalizzato la loro attenzione su ambientazioni toscane e veneziane. Ma io personalmente avevo passato un certo periodo della mia vita a Roma e trovavo che fosse una location più interessante sulla quale poter lavorare. Così è nato Il sangue dei martiri, il primo dei libri con protagonista Costa».
Perché ha scelto proprio di ambientarla a Roma?
«Credo che Roma sia perfetta per ambientarci storie criminali. È una città reale, non una Disneyland turistica come Venezia o Firenze. Una metropoli davvero internazionale e unica».
È stato facile documentarsi sul nostro sistema giudiziario e di polizia?
«Niente affatto. Il sistema giudiziario italiano è molto più complicato per me da raccontare di quanto non possano immaginarsi i lettori italiani. Ho dovuto fare molte ricerche e, dove necessario, anche semplificare. Tutti i giallisti imbrogliano un po’ il pubblico raccontando le procedure di polizia. Se raccontassimo sempre la verità, rischieremmo di annoiare i lettori... D’altra parte, devo ammetterlo, è più facile scrivere un giallo di ambientazione italiana per me che sono uno straniero. Posso permettermi di scrivere con un maggiore distacco dalla realtà, così mi sento anche più libero di inventare e di raccontare a mio modo i fatti».
Ha mai letto autori come Donna Leon, Michael Dibdin, Magdalen Nabb?
«Sì, li ho letti tutti e ho incontrato anche personalmente una volta Magdalen Nabb a Firenze. Sono contento che ognuno di noi veda l’Italia da una prospettiva diversa».
Quali sono le tue letture preferite?
«Leggo un po’ di tutto. Ho appena finito La prova decisiva di Lee Child. Leggo un sacco di libri non di fiction che hanno spesso a che fare con le trame che sto scrivendo.

Il nono libro della saga di Nic Costa che ho appena finito parlerà anche della tragedia della nobildonna romana Beatrice Cenci (condannata a morte per parricidio nel 1599) per cui, per un certo periodo, ho letto un sacco di opere sull’argomento. L’Italia è così piena di storie che è difficile sapere da dove cominciare e dove finire».

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