L’INTERVISTA GIULIANO URBANI

Ex pioniere di Forza Italia, ex ministro della Cultura, oggi presidente della Fondazione del Museo della scienza e della tecnologia, Giuliano Urbani è da ieri entrato ufficialmente nel grande circo dell’Expo. Con lui, l’amministratore delegato di Milano 2015 ha stipulato una convenzione per sviluppare progetti educativi e culturali a carattere scientifico. Urbani è l’ultimo arrivo nel «gruppo cultura» che va dal presidente della Triennale Rampello al direttore del Piccolo, Escobar. Lui sarà il riferimento per la scienza e si occuperà a pieno titolo del tema simbolo della manifestazione: l’alimentazione del pianeta.
Professor Urbani, lei è un politico ma allo stesso tempo anche un tecnico. Farà pesare la sua presenza nel mare magno di progetti culturali dell’Expo?
«Anzitutto dobbiamo intenderci sul significato della parola cultura. Anni fa un antropologo mi diede una definizione che mi è rimasta impressa e che sposo in pieno: cultura è l’insieme delle risposte che l’uomo crea per fronteggiare le sfide della natura. Insomma deve servire a vivere meglio».
A Milano nel 2016 si vivrà meglio?
«È quello che ci auguriamo tutti. Anzi, è quello su cui dobbiamo lavorare in silenzio. Il mio contributo per l’Expo sarà quello di individuare il collegamento tra la cultura e la qualità della vita, una sorta di laboratorio didattico su temi importanti, tra cui quello dell’educazione alimentare, un problema che riguarda tanto le città industrializzate come la nostra - dove si mangia troppo e male - tanto i Paesi in via di sviluppo, dove ci si nutre poco e male».
Pochi giorni fa Stanca parlava di sfilate, concerti ed eventi per cominciare ad attirare milioni di visitatori nella nostra città. Secondo lei i milanesi ci hanno capito qualcosa dell’Expo?
«No, ma è troppo presto. Anche se ricordo bene l’esperienza di Siviglia quando già quattro anni prima dell’esposizione erano partiti progetti un po’ in tutta la Spagna».
A proposito di iniziative: come presidente del Museo della scienza lei potrebbe rilanciare nel mondo il «format Leonardo», magari mettendo la prima pietra di un grande museo sul genio del Rinascimento
«Un museo, e dove? Più realisticamente mi preoccuperò di risolvere il problema della fruizione di capolavori come il Cenacolo e i Codici da Vinci durante un semestre in cui affluiranno visitatori da tutto il mondo. Studieremo il sistema per un network che permetta di contingentare il pubblico. Ma il format-Leonardo non è l’unico su cui voglio puntare».
Quali sono gli altri?
«Per l’Expo mi piacerebbe far vedere e conoscere, con l’ausilio delle tecnologie, la Milano antica e archeologica, anche quella meno nota. A cominciare dal percorso stupendo dell’area del Museo della scienza dove sorgeva il mausoleo di San Vittore e quello olivetano. A Milano esiste anche un meraviglioso itinerario mozartiano che iniziai a conoscere grazie a Strehler. E poi c’è la Milano degli Sforza e quella dei Navigli.

Per l’Expo metterò a punto una "enciclopedia virtuale" che svelerà i nostri tesori anche ai milanesi».
Quanto costeranno i progetti culturali dell’Expo?
«Non lo so ancora, ma so di certo che alle risorse dovranno pensarci anche gli espositori che verranno a Milano. Noi faremo di tutto per accoglierli degnamente».

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