La nuova ferita di Pietralata si nasconde tra il ronzìo dei condizionatori e le auto di lusso, la schiera di bandiere rosse lise di via Peperino e le crepe sul muro di via Silvano. Segna i volti degli anziani rimasti a casa anche ieri, costretti a una spola, vana, tra la sedia, il letto e la finestra, in attesa di un segnale, uno qualsiasi, meglio se di accensione. Fa rispondere in coro un po a tutti che «sta storia degli ascensori ce fa rode». E davvero non esiste commento migliore per sintetizzare lo stato danimo di un quartiere in ostaggio del caldo e delle scale.
Il blocco degli elevatori deciso dallAter non ha fatto vittime, solo prigionieri: «Tre piani a 83 anni non sono uno scherzo, mia madre è disperata», quasi grida Alessia. «Abbiamo sempre pagato laffitto in maniera puntuale - aggiunge - hanno appena aumentato lacqua e la luce e non abbiamo protestato. Quanto sta succedendo è il colmo. Ci faremo sentire». In passato Pietralata la chiamavano il «monte del pecoraro» per la presenza delle dune dove la gente si andava a rifugiare durante la guerra. Chi ci vive da sessantanni ha la pelle dura e pochi peli sulla lingua. «Se pensano di farci paura si sbagliano - tuona Sor Antonio - aspetteremo domani (oggi, ndr) poi vedrete».
Gli ascensori sono fuori servizio un po ovunque, secondo lo stesso identico schema. Uno scarno cartello di avviso nellandrone, nemmeno un segnale di vita allinterno. Alle «case del Colosseo» di via Bombicci, otto piani, tredici interni in semicerchio affacciati su una lingua verde che qui chiamano «lanfiteatro», non ce nè uno attivo. Idem a via Pomona, mentre fa eccezione la scala O di via Silvano. «Ci hanno detto che lì ci abita un raccomandato», spiega con livore una residente, mentre scarica il bagagliaio della macchina. Strapieno. «Guardi qui, ho dovuto fare la spesa per me, la mia vicina e la signora del piano di sopra».
Nel merito della questione solo pochi vogliono entrare: «Noi paghiamo per servizi che pretendiamo ci vengano erogati», afferma Paolo.
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