Otto anni di carcere duro, nel 2003, per frode ed evasione fiscale. Ora altri sette (prevede l'agenzia Novosti) per riciclaggio e appropriazione indebita di 218 tonnellate di petrolio, come dire 100 milioni di dollari. Fatte le debite proporzioni, e per usare il metro del giudice Viktor Danilkin, uno come Calisto Tanzi, l'ex patron della Parmalat, sarebbe stato mandato a costruire da solo una ferrovia di 100 chilometri in Siberia.
In Siberia Mikhail Khodorkovsky, 47 anni, un tempo il più ricco oligarca della Russia, c'è già stato diversi anni, se è per quello; ma poiché il suo nome, e lo scandalo che nel mondo ha suscitato ieri la sua nuova condanna continua ad agitare i sonni del Grande Manovratore - quel velociraptor travestito da cardellino che risponde al nome di Vladimir Putin- si può star certi che una branda in qualche sperduta località dalle parti di Vladivostok si riuscirà a trovarla ancora, per l'ex magnate con la faccia da bambino. Non che sia un fiore di campo, l'ex tycoon che viaggiava in jet privato e progettava a colpi di bigliettoni di issarsi sulla cattedra di primo ministro. Così come non sbaglia, Putin, quando sostiene che il posto dei ladri è il carcere. Quello che manca, nel caso Khodorkovsky, è un senso di giustizia condivisibile. Giacchè la sensazione, condivisa dalle cancellerie occidentali - a Berlino si parla di «giustizia arbitraria e politicizzata» - è quella di una sentenza-ritorsione.
Ci sono voluti mesi, nell'aula del Tribunale di Mosca dove Khodorkovsky era tratto in giudizio insieme con il suo socio Platon Lebedev, per leggere le 3487 pagine dell'atto d'accusa montato contro di lui. E ci vorranno giorni, dicono ora a Mosca, per consentire alla Corte di leggere le motivazioni della sentenza. Il perché è presto detto. Trattandosi di una sentenza che si muove tra i registri del grottesco e del manicomiale, per motivarla (e per spiegare come mai Khodorkovsky sì e cento altri no) occorre scalare una montagna di specchi. E siccome il giudice Danilkin non tollera distrazioni, quando è in quota, ha deciso di leggerselo da solo, il dispositivo, facendo cacciare dall'aula i pochi giornalisti e i pochi curiosi che vi erano stati ammessi, mentre la polizia, all'esterno del Tribunale, manganellava di brutto.
Considerato una sorta di pietra miliare nella storia post sovietica della Russia, il processo dice molto anche sul futuro di un Paese sul quale Putin conta di regnare ancora a lungo, visto che l'attuale premier progetta di tornare al Cremlino nel 2012. Quanto all'esito del processo, non c'era bisogno di un indovino per sapere come sarebbe andato a finire. «Un ladro deve rimanere in carcere», aveva ammonito torvo pochi giorni fa Putin, alimentando i sospetti che dietro questa sentenza esemplare ci sia una sua vendetta personale. Inutile (e a suo modo rivelatore di un profondo dissidio al vertice dello Stato) l'appello per l'assoluzione fatto poco prima della sentenza da uno stretto consigliere del presidente Dmitry Medvedev. Un appello per nulla romantico, e anzi molto pragmatico. "Un'assoluzione soddisferebbe il business, l'Occidente in senso lato e i potenziali investitori in Russia", vi si diceva. Ha invece prevalso la linea dura, secondo la quale chi tocca i fili del potere viene spazzato via. Accadde a Vladimir Gusinski, costretto a cedere la sua tv commerciale, la NTV al colosso del gas Gazprom e a riparare in Israele. Accadde a Boris Berezovsky, un tempo consigliere fidato di Boris Eltsin, anche lui ricco a trilioni, finito per chiedere asilo politico alla Gran Bretagna. Accadde, per citarne un altro, a Mikhail Guzeriev, un altro Paperone del petrolio, che dovette scappare dalla Russia nel 2007 (un figlio, pochi giorni dopo la sua fuga, gli morì in circostanze sospette).
Khodorkovski non poteva sfuggire alla regola. Ed è strano che un uomo intelligente come lui non abbia capito che lo spirito della Lubianka e del KGB continuavano a fluttuare sui cieli della Russia anche dopo il loro apparente tramonto. Le regole del gioco furono evidenti da subito, dal momento in cui si chiudeva la confusa "era Eltsin". Gli oligarchi che avevano tenuto in pugno il governo - questo era il patto che Putin offriva con pugno di ferro - sarebbero stati lasciati liberi di nuotare nell'oro purchè non avessero messo becco nelle cose della politica. Khodorkovsky continuò invece a cantare fuori dal coro, finanziando l'opposizione e fondando un'associazione che si riprometteva di propagandare la democrazia liberale. Addirittura.
Nato in una famiglia ebraica di ingegneri, sposato con quattro figli, Khodorkovsky aveva cavalcato la perestroika di Gorbaciov e il capitalismo selvaggio dell'era Eltsin impadronendosi a soli 32 anni del gigante petrolifero Yukos.
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