L’opposizione torna al ’93: «Pronte le monetine per il Cav»

RomaDemocrazia day e Giustizia night: e meno male che è arrivata la primavera e che le temperature sono sopra la media stagionale, perché l’opposizione prevede di stare in piazza (e all’addiaccio) 24 ore su 24, prossimamente.
Opposizione in Parlamento sì, ma anche in piazza: è stato il segretario del Pd in persona, ieri, a dettare la linea che dovrebbe contentare sia la fazione aventiniana che quella anti-aventiniana del suo partito. Da oggi, dunque, anche i democrat parteciperanno ai presidi pro-Costituzione davanti alla Camera, dove si apre una forsennata settimana di votazioni su conflitti di attribuzione, processi brevi e prescrizioni rapide; alle «notti bianche» pro-democrazia; alla manifestazione del Pantheon contro le leggi ad personam capeggiata da Bersani in persona. Una mobilitazione continua che ha una spiegazione molto semplice: campagna elettorale. Non per quelle elezioni politiche anticipate che ieri Bersani invocava, ma alle quali non crede nessuno: più concretamente per il voto amministrativo di maggio, che per il Pd - come d’altronde per il Pdl - sarà una prova non da poco.
I sondaggi commissionati dal Pd, infatti, segnalano che lo zoccolo duro del centrosinistra si rianima e si compatta attorno al principale partito di opposizione quando lo scontro è più forte, e che l’antiberlusconismo funge sempre da tonico per rosicchiare un po’ di consensi a Di Pietro e alla sinistra di Vendola e risalire da quel tragico 24% dove il Pd era precipitato. Anche i sondaggi di Berlusconi, d’altronde, segnalano che nelle ultime settimane il Pd è risalito a quota 27%. «E in campagna elettorale non è certo la politica del dialogo che paga, anzi ci penalizzerebbe a vantaggio di Di Pietro», spiega un dirigente vicino al segretario. Serve la piazza, e la linea dell’intransigenza: per questo ieri Bersani (nonostante le tirate di orecchi di Napolitano all’opposizione piazzaiola) ha chiuso la porta in faccia a ogni confronto sulla giustizia, e ha mandato a quel paese il ministro Alfano: «È arrogante e servile e saremo contro la sua riforma in piazza e in Parlamento».
Nell’intervista a Repubblica, il segretario del Pd annuncia anche che il governo tecnico «più che indebolito è tramontato», e che bisogna andare «subito al voto». In realtà, però, alla speranza di una spallata che butti giù il governo non crede quasi nessuno, e nello stesso giorno in cui Bersani reclama le urne è il suo alleato Tonino Di Pietro a spegnere gli entusiasmi, intervistato dall’Unità: voto anticipato? «Sarei felicissimo, ma non ne vedo le condizioni», dice. E spiega che il premier «non si dimetterà mai» perché sta a Palazzo Chigi «per garantirsi l’immunità». E che «questo Parlamento non lo sfiducierà mai perché, alla bisogna, c’è sempre qualcuno disposto a vendersi», e lui ne sa qualcosa visto che in genere i suoi parlamentari riforniscono il mercato. In compenso Di Pietro rievoca il clima del ’93, e delle pubbliche lapidazioni: «Alfano vuole andare in piazza a difendere la sua riforma? Lo sfido, ci vada pure: se escono dalla piazza mediatica e vanno in quella vera il popolo li prende a monetine». Come quelle lanciate sotto il Raphael contro Bettino Craxi. E aggiunge: «Ai tempi di Mani pulite c’era chi confessava e chi fuggiva ad Hammamet».
Il Pdl insorge in difesa di Alfano, attaccato dalla tenaglia Bersani-Di Pietro.

«Il segretario del Pd ha scelto - afferma il vice presidente dei parlamentari Osvaldo Napoli - di mettersi al guinzaglio dell’antipolitica non avendo una proposta». E lo stesso Alfano liquida come «insulti personali» quelli di Bersani.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica