RomaDemocrazia day e Giustizia night: e meno male che è arrivata la primavera e che le temperature sono sopra la media stagionale, perché lopposizione prevede di stare in piazza (e alladdiaccio) 24 ore su 24, prossimamente.
Opposizione in Parlamento sì, ma anche in piazza: è stato il segretario del Pd in persona, ieri, a dettare la linea che dovrebbe contentare sia la fazione aventiniana che quella anti-aventiniana del suo partito. Da oggi, dunque, anche i democrat parteciperanno ai presidi pro-Costituzione davanti alla Camera, dove si apre una forsennata settimana di votazioni su conflitti di attribuzione, processi brevi e prescrizioni rapide; alle «notti bianche» pro-democrazia; alla manifestazione del Pantheon contro le leggi ad personam capeggiata da Bersani in persona. Una mobilitazione continua che ha una spiegazione molto semplice: campagna elettorale. Non per quelle elezioni politiche anticipate che ieri Bersani invocava, ma alle quali non crede nessuno: più concretamente per il voto amministrativo di maggio, che per il Pd - come daltronde per il Pdl - sarà una prova non da poco.
I sondaggi commissionati dal Pd, infatti, segnalano che lo zoccolo duro del centrosinistra si rianima e si compatta attorno al principale partito di opposizione quando lo scontro è più forte, e che lantiberlusconismo funge sempre da tonico per rosicchiare un po di consensi a Di Pietro e alla sinistra di Vendola e risalire da quel tragico 24% dove il Pd era precipitato. Anche i sondaggi di Berlusconi, daltronde, segnalano che nelle ultime settimane il Pd è risalito a quota 27%. «E in campagna elettorale non è certo la politica del dialogo che paga, anzi ci penalizzerebbe a vantaggio di Di Pietro», spiega un dirigente vicino al segretario. Serve la piazza, e la linea dellintransigenza: per questo ieri Bersani (nonostante le tirate di orecchi di Napolitano allopposizione piazzaiola) ha chiuso la porta in faccia a ogni confronto sulla giustizia, e ha mandato a quel paese il ministro Alfano: «È arrogante e servile e saremo contro la sua riforma in piazza e in Parlamento».
Nellintervista a Repubblica, il segretario del Pd annuncia anche che il governo tecnico «più che indebolito è tramontato», e che bisogna andare «subito al voto». In realtà, però, alla speranza di una spallata che butti giù il governo non crede quasi nessuno, e nello stesso giorno in cui Bersani reclama le urne è il suo alleato Tonino Di Pietro a spegnere gli entusiasmi, intervistato dallUnità: voto anticipato? «Sarei felicissimo, ma non ne vedo le condizioni», dice. E spiega che il premier «non si dimetterà mai» perché sta a Palazzo Chigi «per garantirsi limmunità». E che «questo Parlamento non lo sfiducierà mai perché, alla bisogna, cè sempre qualcuno disposto a vendersi», e lui ne sa qualcosa visto che in genere i suoi parlamentari riforniscono il mercato. In compenso Di Pietro rievoca il clima del 93, e delle pubbliche lapidazioni: «Alfano vuole andare in piazza a difendere la sua riforma? Lo sfido, ci vada pure: se escono dalla piazza mediatica e vanno in quella vera il popolo li prende a monetine». Come quelle lanciate sotto il Raphael contro Bettino Craxi. E aggiunge: «Ai tempi di Mani pulite cera chi confessava e chi fuggiva ad Hammamet».
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