La cifra, da sola, rivela l’importanza del progetto. Cinquanta milioni, una somma per realizzare un piano dedicato ai 22mila bambini che ogni anno nascono a Milano: un ospedale Policentrico materno-infantile capace di unire le specializzazioni del Buzzi e della Fondazione Policlinico, le due strutture che da sole registrano la metà dei parti che avvengono in città. «L’attenzione a mamma e bambino - spiega il presidente Formigoni - è stata da sempre una nostra priorità. Con questo progetto non vogliamo creare una nuova azienda ma un dipartimento strutturale interaziendale». Si comincia con un’opera di riqualificazione strutturale del Buzzi che vedrà rinascere il blocco operatorio, la patologia neonatale e il day hospital. Quindi, «già dal 2009 - assicura il direttore generale dell’Icp, Francesco Beretta - partiranno nuovi servizi quali l’oculistica, la neurochirurgia e la neurologia».
Al Policlinico, invece, sorgerà un monoblocco interamente dedicato ai più piccoli: «È un’occasione unica - precisa il direttore generale Giuseppe Di Benedetto -. L’edificio di sette piani verrà edificato sulle rovine di quattro padiglioni che presto saranno abbattuti». Non vogliono sentir parlare di fusione gli ideatori di questo progetto, piuttosto di «una grande sfida, per creare una vera e propria sinergia tre due strutture, che resteranno distinte - chiarisce Beretta - ma instaureranno un preciso rapporto di collaborazione». Tra gli obiettivi, anche quello di creare un centro di riferimento regionale per le patologie rare e complesse, «molte delle quali - sostiene l’assessore alla sanità Luciano Bresciani - richiedono un approccio multidisciplinare».
Un bambino su dieci, ogni anno viene ricoverato in ospedale, spesso inaspettatamente. «Per questo è importante investire sulla loro salute», ribadisce Formigoni. Il nuovo ospedale policentrico punterà alla cura dei più piccoli e delle loro madri a 360 gradi: dall’emergenza pediatrica e ostetrica, all’intera gamma delle specialità mediche e chirurgiche, e ancora, alle cure intensive, ai trapianti e alla neuropsichiatria. «Dalla fecondazione dell’ovulo al quattordicesimo anno di vita - puntualizza Bresciani - senza contare che abbiamo pensato anche alla formazione e all'attività di ricerca clinica».
Un esempio di questo impegno sta già diventando realtà: «Stiamo lavorando ad un’interessante prospettiva di ricerca - anticipa il neonatologo Fabio Mosca - sull’utilizzo delle cellule staminali del cordone ombelicale per curare la broncodisplasia, una malattia polmonare cronica che colpisce circa il 40 per cento dei neonati prematuri che pesano meno di un chilogrammo».
Dallo studio alla pratica: presto la Mangiagalli sarà la prima clinica in Italia ad utilizzare una nuova clamp ombelicale. «Dopo il parto - continua Mosca - verrà applicato sul bimbo questo chip, sterile e monouso, per evitare fortuiti scambi e controllarne gli spostamenti all’interno dell’ospedale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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