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L’Udinese si siede sul trono Champions

Marcello Di Dio

nostro inviato a Cagliari

Ci ha rimesso la camicia, Luciano Spalletti, ma il punto di Cagliari valeva questo piccolo sacrificio. Il tecnico dell’Udinese resta a torso nudo per fare un regalo ai tifosi bianconeri sbarcati sull’isola, ma a sua volta lo riceve dall’Inter che blocca la Sampdoria in casa e gli consegna il match-ball per il quarto posto. «Prepareremo l’ultima partita con il Milan come mai abbiamo fatto», promette l’allenatore toscano. Dopo il fischio finale di Farina, si ferma con i giocatori davanti alla panchina per almeno quattro minuti in attesa della lieta notizia da Marassi.
Ma al Sant’Elia è festa anche per il Cagliari: tra addii annunciati (dal portiere Iezzo, diretto ad Atene, a Maltagliati e Albino in scadenza di contratto) e probabili, il pareggio regala la salvezza matematica. «Sono state elogiate tante squadre in questo campionato, mentre del Cagliari è stato detto che ha fatto una cosa normale quando invece abbiamo compiuto un’impresa importante», dice polemicamente Arrigoni, che centra l’obiettivo al primo anno di panchina in Sardegna. Inevitabile la processione, sotto la curva, dei calciatori sardi che rimangono in mutande. Evitata l’invasione di campo che poteva costare un beffardo 0-3 a tavolino (secondo la nuova rigida norma della Lega), i più festeggiati sono neanche a dirlo Esposito e Zola. Il trottolino di Torre del Greco, premiato come migliore in campo con lunga appendice all’antidoping, sigla il sedicesimo gol (che lo affianca niente meno che allo scudettato Ibrahimovic e ad Adriano nella classifica cannonieri) che significa serie A assicurata anche per la prossima stagione. Ora diventerà il pezzo pregiato del mercato in uscita, l’Inter si è già fatta avanti. La standing ovation è però per il capitano, che prima del match riceve il Pallone d’argento 2005 per il fair play mostrato nel corso del torneo (in due stagioni, tra B e A, nemmeno un cartellino giallo) e poi regala le solite giocate da applausi. Quella di ieri potrebbe essere stata l’ultima partita di Zola allo stadio di Cagliari. «Non smentisco né confermo, la decisione di smettere non è facile da prendere, ci penserò durante questa settimana».
E in attesa di sapere se il calcio italiano perderà un grande personaggio, anche dal punto di vista umano, si devono raccontare novanta minuti di partita vera. Condotta per due terzi da un’Udinese determinata, pur con assenze di rilievo come quelle di De Sanctis, Pizarro e Muntari. Stringono i denti tutti, da Pinzi che solo grazie a un’infiltrazione (ha un dito del piede destro fratturato) riesce a scendere in campo a Bertotto che ha una caviglia come un melone, fino al centravanti Iaquinta. La gomitata rimediata contro la Sampdoria gli è costata una perforazione del timpano sinistro e non potendo salire in aereo, è giunto a Cagliari già venerdì al termine di un viaggio-odissea durato sedici ore (auto da Udine a Livorno, traghetto per Olbia, altri 150 minuti di macchina fino al capoluogo sardo). Una sfacchinata che viene premiata con il gol che sblocca il match ad inizio ripresa dopo un pasticcio difensivo del Cagliari. Fino a quel momento bombardato dai tentativi a vuoto dello sterile Di Michele e «bucati» da un gol di Mauri, giustamente annullato per fuorigioco. Ma i sardi non sono in vena di regali, vogliono il punto della sicurezza che arriva grazie ad Esposito, con la complicità di Felipe e Kroldrup, a metà ripresa. «Importanti i cambi di Arrigoni prima del gol, in particolare l’innesto di Albino bravo nel portar palla», ammetterà alla fine Spalletti, che a sua volta tenta con l’ingresso di Di Natale di vincere la partita. L’ultimo brivido lo regala una punizione di Iaquinta allo scadere, ma il pareggio è scritto.

Ed è festa per due.

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