Alessandro M. Caprettini
nostro inviato a Strasburgo
Incredibile ma vero. Proprio lei, la maggiore indiziata a levare le tende dopo il brusco addio di Michele Santoro, è oggi quella che invece più decisamente respinge i richiami a subordinate italiane. Lilli la rossa, al secolo Dietlinde Gruber, nega rientri alle viste verso il Paese «dove il bel sì suona» per stare a Goethe. Dicono i maligni che resista, resista e resista perché non gli è stato concesso di fare la portavoce dellUlivo come ambiva o perché le sia precluso il passaggio ad un ruolo ministeriale. Lei ignora le maldicenze e assicura: «Resto qui, in Europa. Dove mi hanno mandato col loro voto decine e decine di migliaia di elettori».
Fuori una. Ma già tracima di nomi la carrozza speciale Bruxelles-Strasburgo-Roma, in allestimento negli uffici dellEuroparlamento da quando il 9 aprile è divenuto lora X. Posti prenotati da Enrico Letta (Margherita) che non lo nega e anzi fa sapere che, «da accordi presi sarà una diessina a sedere al mio posto», per lex ministro Bersani che ricomincia ad accarezzare lidea di tornare in Alsazia ma nei banchi degli autorevoli ospiti stranieri, per Antonio Di Pietro, per Fausto Bertinotti, per Marco Pannella e la sua ombra Emma Bonino. È lunga assai la fila delle prenotazioni a sinistra: dicono che anche Nicola Zingaretti, stimata guida dei Ds nei socialisti europei, più di un pensierino lo stia facendo visto che qualcuno a Roma lo ha indicato come possibile successore di grissino-Fassino al Botteghino. Scalpita la repubblicana di sinistra Sbarbati, per cui Roma vale più del semi anonimato franco-belga. Pure Lapo Pistelli ambisce, al pari del pensionato Carlo Fatuzzo, cha a Bruxelles ha imparato a far lacrobata visto che dal trapezio berlusconiano sè lanciato nel vuoto sperando di acchiappare al volo la liana prodiana.
È un fuggi fuggi quasi totale della sinistra italiana approdata appena un anno e mezzo fa nelle istituzioni comunitarie. Giuliano Amato, giusto qualche giorno or sono, laveva previsto: «Temo un esodo generale che non ci farà fare bella figura...». Pronostico azzeccato, ma era prevedibile. LEta Beta della politica nazionale ha già dimostrato di aver fiuto e per di più lEuropa la conosce e lonora visto che assieme a Giscard è stato lispiratore della carta costituzionale spirata per via del mal francese.
Se ne vanno senza condizioni a quanto pare i Letta, i Bertinotti, i Di Pietro e parecchi altri Zani e Berlinguer non sarebbero scontenti di salire in carrozza al pari di Marco Rizzo tra i Comunisti italiani ma cè anche chi mette le mani avanti, chi vuole polizze assicurative, chi deciderà solo ad eventuale elezione avvenuta a Montecitorio, su che scranno poggiare i propri lombi. Prendete Massimo DAlema. Ultimi giorni a Strasburgo? «Lo decideranno gli elettori» replica lui, compunto. Ma via, che la bòccino è una cosa che non sta in cielo né in terra... e lui: «Se vince il centrosinistra rimarrò a Roma, in caso contrario preferisco qui. Del resto con tanti italiani che a quel punto sogneranno demigrare, io in fin dei conti sarei già allestero». Chissà se lassicurazione lha stipulata con Unipol. Poi cè chi come Marco Pannella avrebbe fieri dubbi sul da farsi. Logico entrare in lista assieme alla Bonino. Ma se poi i due venissero eletti come si mette a Bruxelles, visto che il primo subentrante è quel Della Vedova che assieme a Taradash ha fatto nascere la squadriglia radicale che sappoggia invece ora agli azzurri di Berlusconi?
Eh già. Cè anche il gioco dei subentri di cui serve tener conto, e che in queste ore viene messo a punto. Prendete Antonio Tajani, capogruppo azzurro nel Ppe. Dicono si possa candidare in Toscana e guarda caso gli subentrerebbe il toscano Bartolozzi (amico di Buttiglione, ma eletto in Forza Italia). Lui, da buon soldato, dice che farà «quel che mi chiederà Berlusconi», pronto a indossare i panni di Garibaldi quando verrà il momento e a pronunciare il fatidico «obbedisco». Son meno, comunque, quelli del centrodestra in lista dattesa per la vettura che porta a Roma. De Michelis ci sarà sicuramente, per tentare di far rifiorire il garofano, ma già annuncia che «poi sarò di nuovo qui». La Mussolini è al buio, mentre in Italia si sta perfezionando lalleanza col centrodestra. Mentre Lorenzo Cesa ancora laltra sera, nonostante sia il segretario dellUdc, non aveva sciolto il nodo gordiano del «mi candido o non mi candido?»: «Comunque si decida alla fine si lasciava andare credo che rimarrò poi in Europa». Bossi di sicuro capeggerà le liste leghiste e, se eletto, dovrebbe rientrare a Roma che è meno stressante stando ai medici delle trasferte allestero. Sfilza di «no» invece in An: «Decide Fini chi si candida, ma io resto qui», assicura Cristiana Muscardini che pure ora ha la responsabilità del partito in Lombardia. «Anchio non mi muovo» giura la Angelilli. Qualche azzurro sotto sotto pare ci speri nella chiamata per il rientro in patria, ma i posti in lista non sarebbero dei migliori: forse solo per la Sartori e per Gargani.
Pochi spostamenti alle viste, insomma, per la Casa delle Libertà. Fuggi fuggi invece, se si guarda allUlivo e dintorni. «Sentono odore di vittoria e si vogliono ritagliare un nuovo spazio», spiega un funzionario italiano dellEuroparlamento. Perdesse il centrosinistra, come anche a Strasburgo si comincia pian pianino ad ipotizzare possibile, nelle ultime ore, farebbero una figura un tantinello meschina. Certo: potranno sempre dire di aver solo cercato di dare una mano ai loro compagni di viaggio italiani. Ma chi glielo leva poi il marchio della tentata diserzione che ha già accompagnato tanti politici italiani negli anni? Anzi, cè chi nel centrodestra ha pronto lepitaffio per una conclusione del genere.
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