Laura Cesaretti
da Roma
Per litigare sui ministri cè ancora tutta la giornata di oggi e la nottata tra oggi e domani. Presumibilmente Romano Prodi otterrà tra stasera e domani mattina il sospirato incarico di formare il governo e a quel punto, assicurano i suoi, il Professore vuole avere già la lista dei ministri in tasca da consegnare a Giorgio Napolitano, per tagliare corto con linfinita catena di beghe che i partiti della sua coalizione gli hanno messo ogni giorno sul tavolo.
Ieri notte ennesimo vertice dellUlivo, mentre da fuori i «piccoli» bombardavano: lUdeur annuncia lappoggio esterno, perché «siamo del tutto insoddisfatti di come si evolve la trattativa sul governo». Anche se a notte fonda per Mastella si profila lipotesi del dicastero della Giustizia. La Rosa nel pugno prosegue il pressing su Emma Bonino alla Difesa, raccogliendo consensi trasversali dal centrosinistra (da Maccanico a Cossiga passando per Cesare Salvi). Ma il premier in pectore, raccontano a Santi Apostoli, ce lha soprattutto con un partito: la Quercia. «Siamo appesi alle loro guerre intestine da settimane, cambiano idea ogni giorno, ci stanno facendo fare una figura ridicola davanti a tutto il Paese», è il tono degli sfoghi che si raccolgono dalle parti del Professore. Che in questa fase invece pare avere un rapporto idilliaco con Francesco Rutelli, forgiato nella comune battaglia dinterdizione sul Quirinale: i due avevano lo stesso candidato del cuore (Giuliano Amato) e lo stesso timore, lascesa al Colle di Massimo DAlema. Ieri la Quercia ha dato via libera anche alla creazione dei due vicepremier, in condominio Ds-Dl. Saranno, secondo copione, Francesco Rutelli (ministro dei Beni culturali) e Massimo DAlema (alla Farnesina). Lok, ormai scontato, è arrivato ieri mattina da una riunione di vertice della Quercia, allargata alle minoranze interne (cerano Mussi, Salvi e Fulvia Bandoli). Riunione nella quale, raccontano, qualche voce si è levata per dare ragione ai piccoli partiti dellUnione, in guerra contro lUlivo «pigliatutto»: «Abbiamo nove ministeri noi, sei la Margherita e tre Prodi: è decisamente troppo». Il segretario ha indicato le donne da promuovere al governo: Livia Turco (alla Salute), la responsabile femminile Barbara Pollastrini (forse Pari Opportunità) e Vittoria Franco, attuale responsabile cultura al Botteghino e sponsorizzata da Anna Serafini in Fassino. È stata anche affrontata la questione meridionale: nella delegazione ds cè abbondanza di ministri del Nord, a cominciare dalla superstar Pierluigi Bersani, e neppure un uomo del Sud. Il che ha fatto rialzare le quotazioni del calabrese Marco Minniti: candidato «naturale», per la sua esperienza, al ministero degli Interni («Saresti il mio miglior successore», gli ha detto Beppe Pisanu) o alla Difesa, è tagliato fuori a causa della collocazione di DAlema, di cui è stato braccio destro al governo: Esteri e Difesa o Esteri e Interno non possono andare allo stesso partito (e stessa corrente). Ieri, in casa ds, si è ipotizzata la sua collocazione alle Politiche comunitarie, o in alternativa a viceministro degli Interni con delega alla Pubblica sicurezza. Ma nella riunione al Botteghino si è anche discusso il caso Fassino: ossia come ottenere da Prodi uninvestitura al segretario ds, rimasto fuori dal governo per lasciare il passo a DAlema, come «coordinatore politico» dellUlivo, ossia guida del processo di costruzione del partito democratico che dovrebbe nascere dalla fusione Ds-Dl. Ipotesi che in casa rutelliana trova una risposta poco conciliante: «Al massimo può fare il capodelegazione ds nellUlivo». E in casa prodiana laccoglienza non è più calda: «Se è disposto a rinunciare alla guida dei ds, si può discutere. Altrimenti no: il coordinamento dellUlivo lo farà Prodi, non può certo farlo il segretario di un partito».
Altro caso aperto è quello di Giuliano Amato: Fassino e DAlema, raccontano i ds, lo hanno contattato sabato proponendogli il Viminale. E hanno girato la proposta a Prodi, il quale avrebbe detto: «Amato è una risorsa preziosa, ma visto che lo proponete voi rientra nella vostra quota», ossia rinunciate ad un ministero. Cosa che la Quercia avrebbe rifiutato.
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