Celo, manca... Era partito tutto da lì, da quelle due parole sussurrate in fretta davanti ai cancelli della scuola, o durante la ricreazione, vedendo scorrere a gran velocità le figurine dei calciatori, le mitiche Panini. Le maestre sorridevano di quei traffici innocui che i bambini prendevano troppo sul serio.
Per lui, Gregorio, era diventata ben presto una mania, una vera ossessione. I genitori non volevano buttare troppi soldi in quelle scemenze, ma Gregorio aveva un suo segreto. Suo padre faceva sempre un pisolino dopo pranzo, prima di tornare al lavoro. Era in quel momento che Gregorio agiva: si avvicinava in punta di piedi al letto di suo padre e frugava nel portafogli, con il sudore che gli bagnava la fronte. Se il babbo lo avesse scoperto gliele avrebbe date di santa ragione. Ma questo non gli impediva di rubare ogni giorno i soldi per le figurine, e soprattutto non si sentiva minimamente in colpa. Completare l'album era molto più importante di qualche spicciolo. Apriva le bustine con il cuore in gola. Se trovava una figurina mancante e rara, il mondo si illuminava intorno a lui, se trovava solo doppioni si deprimeva. Ciò che lo rendeva felice era sfogliare le pagine e non vedere spazi vuoti. La completezza, l'opera finita lo rassicuravano.
Crescendo era passato ad altre collezioni, rigorosamente specifiche e immutabili: francobolli dell'Italia prefascista, monete del Ventennio, fumetti degli anni Trenta, dischi a 78 giri, stampe di Durer, ogni volta con rinnovato entusiasmo e senza mai disfarsi delle vecchie collezioni. Ogni nuovo oggetto che riusciva ad accaparrarsi gli procurava un'emozione fresca, come se fosse la prima volta... come da bambino con il celo-manca. Per un po' si placava, gustandosi la nuova conquista, ripensandoci anche quando la sera andava a letto.
Quando riusciva a finire una collezione, ad esempio tutti i dischi di Billy Holiday, era come se strappasse al disordine del mondo un angolino di certezza. Una sensazione bellissima, capace di regalargli un appiglio nei momenti difficili. Gli imprevisti dell'esistenza erano sempre in agguato, non si poteva intervenire sul corso del destino, ma la sua collezione completa dei dischi di Billy Holiday era là, inconfutabile. Quando gli mancava un pezzo per completare l'opera, la tensione lo logorava, ma anche quella sensazione era bella, in fondo. Dava un senso preciso alle sue giornate, se non addirittura alla sua vita. Si sentiva spinto da una forza misteriosa... oltre a placare la sua ansia di certezze, provava un desiderio incontenibile di possesso, o meglio di potere. C'era anche altro, certo, ma non avrebbe saputo dire cosa. Sapeva solo che ogni pezzo nuovo che aggiungeva alla collezione gli dava euforia, voglia di vivere, appetito sessuale. Diversamente diventava triste, noioso, intrattabile, addirittura impotente. Un po' la stessa cosa che accadeva a chi investiva in Borsa.
Dedicava alle sue «ricerche» la maggior parte del tempo libero. Le fidanzate lo lasciavano per una sorta di gelosia verso quegli oggetti inanimati, a cui Gregorio dedicava più amore che a loro. Riuscì a sposarsi con una donna remissiva, timida, servile, che non pretendeva di essere più importante delle sue collezioni.
Ma la vera passione, lo struggimento, il tormento d'amore arrivò quando scoprì i libri antichi. Trovò presto la collezione che faceva per lui: il catalogo completo di un piccolo editore veneziano del XVIII secolo, che aveva pubblicato soltanto novantasei titoli. Andava alle aste, girava per le librerie antiquarie, contattava collezionisti. Ci mise quasi quattro anni a trovarne ottantadue, e altri sei per arrivare a novantaquattro. Due, solo due, e avrebbe completato la sua opera più difficile. Fu per questo che rubò il novantacinquesimo alla Biblioteca Nazionale, riuscendo miracolosamente a sostituire il volume con una copia fasulla realizzata con mesi di lavoro. Era cosa buona e giusta, come quando rubava i soldi a suo padre. E fu per questo che rubò anche il novantaseiesimo, con lo stesso sistema, e quando uscì dalla Biblioteca Nazionale con il libro nascosto sotto il cappotto gli sembrava che l'universo fosse magnificamente ordinato...
Adesso invece cercava di spiegare al giudice che lui non era un ladro, un volgare truffatore che sottraeva beni allo Stato per rivenderli e fare un guadagno.
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