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L’uomo che si finse morto per non essere processato

LeccoL’idea non era niente male: farsi credere morto. Quando i guai cominciano a diventare troppi, sparire dalla faccia delle terra sembra essere l’unica soluzione. Meglio ancora se tutti lo credono, ma tu te ne stai vivo e vegeto con una fedina penale ripulita e una vita che ricomincia da zero, con un nuovo nome, una nuova identità e la possibilità di ricominciare daccapo. Il miglior modo per non farti seguire è far credere a tutti che sei morto, la prima regola in tutti i film.
L’idea mantiene un grande fascino anche nella vita reale; almeno fino a quando non si viene scoperti. In quel caso i guai e i grattacapi che pensavi di avere sviato ritornano più forti di prima. E così Stefano Ramunni, cinquantenne originario di Bari, è involontariamente risorto. E dato che in questo caso non c’è di mezzo nessun miracolo, ma solo la scoperta della verità da parte di un giudice, ora il novello Mattia Pascal dovrà rispondere di tutti i reati che aveva prima di inscenare la sua dipartita. Avrà tempo di prepararsi in carcere, visto che nel frattempo dovrà scontare una condanna a un anno e nove mesi inflitta dal giudice monocratico del tribunale di Lecco Paolo Salvatore.
Ramunni aveva un po’ di pendenze con la giustizia. Non sapendo più da che parte girarsi, ha avuto l’idea. Sparire, ma solo per i tribunali. Perciò ha trovato il sistema di stampare un certificato di morte falso, che potesse risultare credibile. Ha finto di essere morto a Palermo, si è stampato i suoi dati con molta dovizia di particolari e marche da bollo e ha spedito il proprio certificato di morte a tutte le Procure d’Italia che stavano indagando su di lui e in tutti i tribunali nei quali era finito a processo. Per rendere ancora più ufficiale e credibile il tutto, si è inventato pure la lettera del suo avvocato difensore. «Il sottoscritto tal dei tali, dello studio legale tal degli altri, comunica che il proprio assistito Ramunni Stefano è deceduto in data X. Si chiede pertanto di procedere all’archiviazione di qualsiasi procedimento o indagine in corso nei suoi confronti». Morto, evviva. Libero di archiviare la vecchia vita e iniziarne una tutta nuova. Il sogno di chiunque pensi di aver sbagliato tutto, ma è troppo avanti per tornare indietro.
Piano riuscito, tutto perfetto, senza sbavature e in un linguaggio formale che non ha destato sospetti. Poi, siccome il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, l’inganno è venuto alla luce. Così Ramunni si è scoperto più vivo che mai e più nei guai di quando aveva cercato di farsi passare per morto. Oltre alle altre pendenze già in corso, infatti, è finito sotto processo per i reati di frode processuale, falsità materiale e falsità ideologica.
Il pubblico ministero aveva chiesto cinque anni di condanna. Ramunni è stato assolto per alcuni reati e il giudice ha ridimensionato la pena. Ma l’anno e nove mesi non glieli leva nessuno. A meno che non muoia davvero. Meglio stare in vita per trovare un altro modo di farla franca.

Ci sta pensando, in carcere però, perché come diceva qualcuno, quando sei venuto al mondo non puoi più nasconderti.

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