Non era granché l’appellativo: lo ribattezzarono «topone» per quel musone che preannunciava scarsa fiducia nei propri mezzi. Non era granché neanche come centravanti Javi Moreno arrivato con l’infornata di calciatori provenienti dal mercato spagnolo, sulla scia di Josè Mari e Contra: le sue performances furono rare e segnate da pochissimi gol, nove in tutto tra campionato (doppietta al malcapitato Venezia), coppa Italia (si accanì contro la Lazio) e Uefa (decisivo il sigillo per la qualificazione a Lisbona).
Concluse la sua carriera rossonera in una sfida contro la Juve dove giocò per l’assenza di Inzaghi nel frattempo ko: si capì allora la sua consistenza. Non era da Milan, da grande squadra. Ebbe un solo merito: appena gli chiesero di fare le valigie non esitò un istante né se la prese col destino cinico o con la stampa.L’uomo più veloce nel fare le valigie
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