Lady Ashton e Urso: «Guerra al protezionismo»

Concludere più in fretta possibile i negoziati del Doha Round, risolvere i casi antidumping in corso su specifici prodotti quali acciaio e calzature, ma anche trovare una soluzione efficace contro le sanzioni che colpiscono alcuni importanti settori produttivi nazionali (leggi Stati Uniti). Infine il negoziato con la Corea per la conclusione di un accordo di libero scambio e potenziali ricadute negative su alcuni settori strategici: ad esempio quello dell’auto.
Sono gli argomenti che Lady Catherine Margaret Ashton, neo commissario Ue al Commercio (al posto di Peter Mandelson dallo scorso ottobre), ha discusso ieri con i vertici della Confidustria Lombarda, presente il sottosegretario allo Sviluppo economico, Adolfo Urso. Al centro dei colloqui le politiche Ue contro la crisi economica, il protezionismo e le azioni per contrastarlo, la questione delle materie prime e del loro approvvigionamento.
«La priorità assoluta del mio mandato - ha detto la Ashton - è quella di chiudere il round negoziale di Doha, ma anche di capire qual è la posizione dell’amministrazione Obama. Presto mi recherò a Washington per capirne di più». Sulla stessa lunghezza d’onda il sottosegretario Adolfo Urso: «Il governo italiano è in prima linea per arrivare in tempi rapidi alla conclusione del Dhoa Round - ha replicato -. Spero che si possa scrivere la parola fine nella finestra che si aprirà tra il G20 di Londra di aprile e il G8 dei primi di luglio a La Maddalena».
Lady Ashton ha assicurato il sostegno Ue alla soluzione della vicenda dei superdazi annunciati dagli Usa su alcuni prodotti, tra cui le acque minerali italiane. «È fondamentale - ha aggiunto la Ashton - che Washington capisca la rilevanza del Doha Round e che non si riaprano capitoli già chiusi di un accordo già completo all’80%». Possibili passi avanti anche per l’etichettatura obbligatoria delle merci provenienti dai Paesi extra Ue, oggi è solo facoltativa. Una battaglia ostinata che lo stesso Urso ha ingaggiato da tempo. Ma incombe soprattutto la crisi dell’Europa centro-orientale.

«L’Italia - ha concluso Urso - conta in quell’area 35mila imprese. Potremmo avere conseguenze gravi anche noi. L’Ue potrebbe supportare, caso per caso, quei Paesi che corrono maggiori rischi. Sono gli stessi Paesi che correvano più in fretta».

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