Da Lady D a Veronica, quando il divorzio è d’oro

Nell’altro secolo ne parlò tutto il mondo. Tremarono i vetri delle finestre di Buckingham Palace, il figlio della regina stava per divorziare, la sua sposa aveva rivelato cose indegne, la coppia più bella di tutte era in piena luna di fiele. Ventotto agosto millenovecentonovantasei: è ufficiale, Diana e Charles divorziano. La molla che fece scattare la svolta storica fu un’intervista concessa dalla principessa a Panorama, un programma televisivo di indagine, nella quale accusava il marito di aver fatto abortire l’amante Tiggy Legge-Bourke. «Siamo in tre in questo matrimonio», disse Diana, ma non si capì se alludesse a Tiggy o a Camilla. Il principe si svegliò inguaiato, la richiesta della controparte era altissima, la resa si assestò a 17 milioni di sterline, al tempo con il cambio in lire facevano cinquantuno miliardi nostrani, oggi, arrotondando con l’euro, siamo attorno ai ventisei milioni di euro. Senza alcuna possibilità di discutere i dettagli, questo prevedeva l’accordo delle nozze reali. A Lady Diana fu consentito di continuare a occupare Kensington Palace e a frequentare gli uffici di St. James Palace, oltre ad avere la cura dei due figli, Harry e William. Carlo, il principe, dovette vendere tutte le azioni di borsa in suo possesso e altri sontuosi investimenti finanziari, rischio di essere un principe povero e fu costretto a chiedere un prestito alla madre, nel senso di Elisabetta la regina, la quale mise mano alla borsetta e riparò il colpo della nuora. Diana Spencer sarebbe morta un anno dopo, il trentuno di agosto del millenovecentonovantasette.
Questo per citare un caso regale e reale, il divorzio del secolo passato ma ancora fresco di cronaca tra testimonianze, rivelazioni, stallieri, maggiordomi, amanti. Oggi è materiale nostro, di grandissima moda, si discute sugli emolumenti che Veronica Lario, anzi al momento delle carte bollate Miriam Raffaella Bartolini, ha richiesto a Silvio Berlusconi. Ma Paese che vai mantenimenti che trovi. Ritorno in Inghilterra, terra fertile per stabilire il record degli indennizzi matrimoniali. Paul McCartney, sir Paul per gli inglesi, ha accumulato stramiliardi con The Beatles ma ha dovuto versare ventiquattro milioni e trecentomila sterline alla sua ex moglie Heather Mills, spingendolo a inventarsi qualche tournée supplementare e qualche nuovo cd per rientrare dalla spesa folle. Thierry Henry, oggi al Barcellona ma proveniente dai londinesi dell’Arsenal, è l’uomo dal braccio d’oro non soltanto per il gol irregolare segnato con la mano alla Repubblica d’Irlanda ma per l’indennizzo richiesto dalla sua ex metà, poco dolce, Claire Merry la quale, dopo aver scoperto tresche e messaggi amorosi del marito attaccante a un’altra femmina, ha ricevuto come compenso dieci milioni di euro, pari all’ingaggio lordo del calciatore. Restando a Londra, sempre nel calcio, eccoci di fronte al record mondiale, almeno così si ritiene, per una causa di divorzio. Roman Abramovich e la sua ex moglie, l’hostess fascinosa Irina, sono addivenuti a questa conclusione: Irina si è tolta dai piedi del padrone del Chelsea e di mezza Russia e lui, in cambio, ha pagato 2,5 miliardi, ripeto due virgola cinque miliardi, di dollari alla signora perché sopravviva fino alla fine del mese.

Non si sa bene di quale anno o secolo. I legali di Abramovich assicurano che la reale cifra non supera i 400 milioni di euro, la signora Irina se la ride, in rubli non sa nemmeno quanto fanno ma la vita è bella anche senza Roman.

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