Laghi lombardi, arte e letteratura in mostra alla Casa del Manzoni

Fino al 9 maggio, l’esposizione offre una serie di romanzi, guide e descrizioni sui paesaggi lacustri

Laghi lombardi, arte e letteratura in mostra alla Casa del Manzoni

Francesca Di Biagio

«Quel ramo del lago di Como» consacrò alla storia la bellezza di un certo paesaggio lombardo. Eppure il celebre verso, ispirato all’opera meticolosa di Carlo Amoretti, non fu l’unico a esaltare il fascino dei laghi della Lombardia. Prima e dopo Alessandro Manzoni, tanti poeti e scrittori del Romanticismo sentirono il richiamo di queste acque. Ne rimasero affascinati, ne ricavarono pensieri e impressioni, stampati nelle pagine di memorabili classici della letteratura italiana. Da Monti a Foscolo, da Stendhal a Shelley, senza dimenticare Giacomo Leopardi che descriveva Varese come la «Versailles di Milano», la lista dei Romantici «incantati e stregati» dalle rive blu di un’importante porzione di Nord Italia è lunga e articolata. Se a essa si aggiunge la schiera di pittori, incisori, viaggiatori e aristocratici che scelsero la zona come meta di villeggiatura, ci si accorge che da più di due secoli i laghi della Lombardia esercitano un’incredibile influenza sull’arte e sulla cultura.
Un’influenza ricostruita nel dettaglio dalla mostra allestita fino al 19 maggio presso la Casa del Manzoni (via Morone 1, dal martedì al venerdì, con orari 9-12 14-16), organizzata dal Centro nazionale di studi manzoniani, con il coordinamento del presidente Angelo Stella e corredata dal catalogo di Mirko Volpi e Matteo Poletti, con testi e opere che abbracciano anche i periodi pre e post romantico.
L’esposizione offre una selezione di romanzi, guide e descrizioni, firmati (tra gli altri) da Carlo Amoretti, Cesare Cantù, originario di Brivio e profondamente innamorato del suo territorio, Emilio De Marchi, Davide Bertolotti e Giovanni Battista De Capitani, che parla di un Lario talmente «riposato e bello da vivere, da confermare il parere di Cassiodoro sui Lariensi: disadatti alle fatiche e sensibili alle afflizioni». Presente anche una serie di stampe, dove predomina l’immagine del battello a ruote, realizzate da noti incisori, tra cui Litta, Lose, Lory e Wetzel. E che spesso rivelano l’originale visione dell’Italia maturata dagli stranieri, come avviene in un’opera di John Bell che tratteggia un paesaggio fantastico, dove le montagne e le costruzioni lombarde fanno da sfondo a una danza in costume napoletano.


Completano la mostra i documenti e le incisioni provenienti dal Centro italo-tedesco di Villa Vigoni, a Loveno di Menaggio, oltre, naturalmente, a tutte le autentiche pagine manzoniane dedicate al paesaggio del lago di Como, da cui rimase colpito anche uno dei maggiori esponenti del Romanticismo inglese Percy B. Shelley, che lo descriveva come «un luogo, dove il legame tra cultura e indomabile rigogliosità e bellezza della natura è così stretto, che è quasi impossibile scoprire dove cominci l’una e dove finisca l’altra».

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