Sessanta secondi per dire addio. Laila Alì è tornata sui sentieri del vecchio padre prima di mollare. A Johannesburg, in Sud Africa, e davanti a Nelson Mandela, la figlia di Cassius Clay ha celebrato la prima volta di un match professionistico della boxe femminile lasciando palato amarognolo. Troppo veloce la conclusione: 56 secondi per stendere Gwendolyn ONeill, 37 anni, non proprio una giovinetta (dal punto di vista sportivo), una delle poche che abbia accettato di affrontare questo carro armato dai tacchi a spillo e le ciglia truccate. Laila ha sparato due destri e tanti saluti allavversaria americana, che laveva già affrontata nel settembre 2004, finendo stesa al terzo round.
In palio il titolo dei supermedi, stavolta Laila sè sbrigata prima, nonostante avesse promesso al pubblico uno spettacolo un po più lungo. Alla fine si è scusata, «speravo durasse qualche round in più», ma ha incassato con soddisfazione la ventiquattresima vittoria (21esima prima del limite) sui 24 incontri sostenuti. E per qualche tempo non ce ne dovrebbero essere più. Laila lo ha detto al pubblico: «Per un po devo lasciar perdere». Idea che aveva lasciato intravedere anche alla vigilia del match, magari raccontando la verità allorecchio di Nelson Mandela. «Un uomo molto umile che trasmette tanta energia. Tenendogli la mano mi è sembrato di essere vicino a mio padre».
Ma lidea di lasciare il ring è accompagnata da un pissi-pissi di corridoio che parla di una maternità programmata da Laila. La ragione ufficiale, invece, si riduce alla difficoltà di trovare avversarie. «Mi sfuggono tutte, io sono la migliore, quella che porta denaro e titoli al movimento, ma le altre ragazze sono pronte a combattere con me solo a parole».
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