
Un impianto antincendio che funzionava male «almeno dall'agosto 2020» e che ha smesso totalmente di funzionare «almeno dal novembre 2021»: la Procura ricostruisce i retroscena della tragedia della Rsa Casa dei coniugi. E chiude le indagini, in vista della richiesta di rinvio a giudizio, sulle cause e sulle responsabilità del rogo che nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2023 ha ucciso sei anziani ospiti della casa di riposo di via dei Cinquecento.
L'atto di otto pagine è stato notificato ieri dal pm Maura Ripamonti a cinque indagati. Si tratta di tre persone ai vertici della cooperativa Proges, che gestiva la Rsa di proprietà del Comune, della stessa cooperativa e della direttrice dell'epoca della struttura. Le accuse sono omicidio e incendio colposi, omissione colposa di cautele contro disastri o infortuni sul lavoro e a Proges è contestata la responsabilità amministrativa. Le posizioni di due dirigenti comunali sono stralciate per la richiesta di archiviazione. Riassume la Procura, dopo un'ampia consulenza tecnica sul rogo: «Erano state adottate, come uniche misure compensative, la collocazione in diversi punti della struttura di trombette da azionare a mano, come allarme sonoro in caso di incendi, ma di fatto inservibili perché saldamente fissate al muro con nastro adesivo e staccabili solo con strumenti da taglio». Inoltre era stato stipulato un «contratto d'appalto (con decorrenza dal 3 luglio 2023) con la cooperativa Coop Service per l'esercizio di funzioni di portierato in orario notturno (...), da parte di un solo addetto non formato in materia di prevenzione incendi».
Nell'inchiesta dei pm del pool guidato dall'aggiunto Tiziana Siciliano figuravano già come indagati, oltre alla cooperativa, i vertici della stessa Proges - la presidente Michela Bolondi, la vicepresidente Francesca Corotti e il dg Giancarlo Anghinolfi - e poi Claudia Zerletti, direttrice della Rsa. Ma anche Michele Petrelli, in qualità di direttore del Welfare di Palazzo Marino, e Guido Gandino, come responsabile dell'Area residenzialità, anziani e persone con disabilità. Queste due ultime posizioni sono state stralciate dai pm, intenzionati a chiederne l'archiviazione. Se l'impianto «di rilevazione incendi della struttura fosse stato funzionante», avevano scritto gli esperti nominati dai pm, «l'allarme antincendio si sarebbe attivato in circa un minuto e mezzo dall'inizio della combustione» e «nei primi quattro minuti vi era possibilità di intervenire in relativa sicurezza». L'anziana nella stanza da cui è partito il fuoco «ha effettuato l'ultima chiamata» disperata di aiuto «ben sette minuti dopo la prima» in cui aveva dato «l'allarme».
Dunque, «se l'incendio fosse stato estinto in quell'intervallo temporale, è probabile» che lei come gli altri «potessero essere» salvati. L'unica vittima sarebbe stata, probabilmente, la donna che fumando mentre era in ossigenoterapia provocò l'incendio.