L'atteso ritorno in tv di Terence Hill

Da tira sberle di serie B a eroe popolare coccolato dalla critica. Sempre snobbato ha poi ricevuto il David alla carriera. Ma di se dice: "Non ho mai aspirato al delirio delle folle"

L'atteso ritorno in tv di Terence Hill

Ci sono gli attori, e ci sono gli eroi popolari. Gli attori ambiscono ad essere i primi, sgomitano per diventarlo, sognano ruoli prestigiosi e premi importanti. Gli eroi popolari ambiscono solo ad essere se stessi; non hanno bisogno di sgomitare per diventarlo, non interpretano altro ruolo che il proprio, e i premi non li desiderano. «Si: me ne hanno offerti tanti, in quarant’anni di lavoro. Ma io li sempre ho rifiutati. Tranne due: il David alla carriera, l'anno scorso, perchè li riassumeva tutti. E il premio Sergio Leone, perchè intitolato al mio idolo».

E se lo paragonate a John Wayne - che, proprio come lui, nessuno considera un grande attore, ma in tanti ruoli diversi ha sempre interpretato solo sè stesso, ed è stato l’eroe popolare per antonomasia del cinema americano - lui, invece di risentirsi, si lusinga. «È un onore, per me». Ecco la differenza che passa fra un attore e un eroe popolare come Terence Hill: «Non ho mai aspirato al delirio delle folle. Non ho mai tentato d’ingraziarmi registi o produttori. E neppure sognato d’interpretare Shakespeare o Pirandello, pur avendo frequentato l’Actor’s Studio. Mi è sempre bastato fare quel che so fare».

Logico dunque che un simile personaggio, trasversale ad epoche, gusti e opinioni politiche, dopo sette edizioni di Don Matteo -l’ottava l’ha appena girata - tornasse in sella al proprio destino. Passando dalla bici del prete al cavallo della guardia forestale in Un passo dal cielo: sei puntate con la regia di Enrico Oldoini, in onda su Raiuno da domaeni. «Non dico che ho accettato il ruolo perchè mi consentiva di tornare a cavallo; di respirare, il clima epico dei miei western di una volta... Però poco ci manca». Simile ad un cowboy dell’Alto Adige, infatti, la guardia forestale Pietro vivrà ecologiche avventure tra i maestosi silenzi delle valli e le intriganti investigazioni d’un commissario (Enrico Ianniello), i pettegolezzi d’una florida amica (Katia Ricciarelli), le follie d’uno squinternato boscaiolo (Francesco Salvi). «I miei eroi si somigliano tutti? Si, è vero. Forse per questo piacciono. Mi assomigliano? Si. Altrimenti non piacerebbero a me».

Lontani gli anni in cui fece il piccolo ruolo d’un garibaldino nel Gattopardo («Visconti volle cinque prove costume, per decidere il rosso della mia camicia

rossa»), e quelli del mitico Trinità («Noi non volevamo fare un film comico. Fu la gente a morire dal ridere, nel vederlo»). E oggi è con soddisfazione che dice: «Mi sono preso il lusso di fare solo quello che sapevo fare».

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