Laurea breve, 9 su dieci trovano subito lavoro

Trovano lavoro tutti, e più facilmente dei colleghi con la «vecchia» laurea di 4 o 5 anni. Ma non sembrano credere troppo nei loro mezzi. O meglio, nella loro laurea triennale: il 51 per cento continua l’università con il +2 (la specialistica), percentuale cresciuta in un anno di 14 punti. Un errore? Forse, a giudicare dai dati sull’occupazione dei neolaureati contenuti nell’ultimo rapporto Stella.
A un anno e mezzo dalla fine dell’università, la quota di «triennalisti» con un lavoro è del 91 per cento contro l’87 di chi apparteneva al vecchio ordinamento. Nell’indagine sono finiti 6mila dei 24mila studenti laureati tra maggio e dicembre 2004 in nove atenei del consorzio Cilea. Sei sono lombardi: oltre a Statale e Bicocca, ci sono le università di Brescia, Bergamo, Pavia e dell’Insubria. Limitando l’indagine agli atenei lombardi, il dato è ancora più incoraggiante: a lavorare è il 94 per cento dei neo laureati triennali.
Non tutte le facoltà, però, danno le stesse chance. Si confermano una garanzia quelle del ramo sanitario («anche se la domanda di infermieri, fisioterapisti e così via è in leggero calo»), ingegneria (succede solo in Lombardia) e le facoltà scientifiche. La conferma arriva dai dati sugli occupati a tempo pieno: le lauree scientifiche guidano la classifica, mentre sono dolori per il ramo psicologico («la stessa categoria è chiusa verso i triennalisti») e letterario. Non sono le uniche dolenti.
La laurea breve in pochi casi porta a un contratto a tempo indeterminato (uno su tre), metà degli ex studenti ha un Cococo. Bassi sono perciò gli stipendi: sei laureati su dieci guadagnano tra mille e 1500 euro al mese, il 20 per cento tra 500 e mille. «Una situazione comunque migliore dei laureati col vecchio ordinamento - spiega il rapporto-. Le aziende stanno accettando bene i triennalisti».
Il Cilea e Assolombarda hanno riunito esperti e manager per discutere i contenuti del rapporto. «L’indagine parla anche di laureati che non sanno le lingue straniere - spiega Marcello Fontanesi, rettore della Bicocca e presidente del consorzio -. Questo non è un compito che può assolvere l’università, le lingue vanno imparate prima». «Per noi la conoscenza dell’inglese è più importante del voto di laurea» aggiunge Carla Milani di Ibm Italia.
Bisognerà correre ai ripari alla svelta. I laureati triennali crescono del 13 per cento l’anno (15 in Lombardia). La riforma del 3+2 ha ridotto i fuori corso e fatto entrare prima i giovani nel mondo del lavoro.

«Chi cerca un’occupazione con la laurea triennale è soddisfatto di quanto studiato» dicono i curatori. «Ora - conclude Nando Dalla Chiesa, sottosegretario all’Università - studiamo perché in così tanti decidono già al secondo anno di proseguire con il +2».

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