Stefano Filippi
nostro inviato a Verona
Mamma Maria e papà Michele l'hanno abbracciato a Pasqua, la festa della rinascita. Una nuova vita aspettava il loro unico figlio maschio, tenente degli alpini, militare di carriera come il padre: si era laureato da pochi giorni, aveva in vista una promozione e preparava le valigie per una missione pericolosa e carica di responsabilità in Afghanistan. È stato l'ultimo abbraccio. Manuel Fiorito è morto ieri pomeriggio su una strada fuori Kabul, su un autoblindo sventrato da un ordigno. L'urlo di dolore della madre è sembrato l'eco lontana dell'esplosione.
Il campanello di casa Fiorito a Verona, in via Zorzi 7, periferia ovest della città, è suonato poco dopo le 15: Manuel era spirato da meno di due ore. Un gruppo di militari dell'esercito scortava il generale di corpo di armata Bruno Iob, comandante delle Forze operative terrestri (Comfoter) di Verona e alpino anch'egli, come il ragazzo morto. È toccato a Iob, accompagnato dal cappellano militare e da due ufficiali medici, salire al primo piano del palazzone e straziare il cuore dei poveri genitori. Dopo di lui, altri ufficiali, ex colleghi, e poi medici e psicologi, hanno tentato di consolare il dolore di casa Fiorito.
Ma la mamma, Maria Costantini, non ha mai smesso di piangere. Alcuni vicini hanno riferito di aver sentito le sue grida nel primo pomeriggio. Il generale medico Francesco Parisi, anche lui del Comfoter di Verona, ha detto poche parole ai giornalisti sotto casa: «Potete immaginare lo stato d'animo della famiglia, ora sta arrivando un'équipe di supporto psicologico. Ho cercato di dare tutto il conforto possibile a una famiglia sconvolta da questa immane tragedia».
Manuel era un ragazzo allegro e solare. Era nato il 13 febbraio 1979. La famiglia è pugliese, di Nardò, una cittadina non lontana da Gallipoli. Il maresciallo Fiorito fu trasferito a Verona 14 anni fa per prestare servizio al comando Nato della città scaligera. Le due sorelle di Manuel hanno scelto la libera professione: la maggiore fa l'avvocato in uno studio legale assieme al marito, la minore è commercialista. L'unico maschio ha seguito invece le orme del padre, carriera militare.
A 19 anni si è iscritto all'Accademia di Modena e ha completato a Torino la formazione di ufficiale degli alpini. Aveva già compiuto una rischiosa missione all'estero, in Kosovo, ed era partito per l'Afghanistan il 20 aprile scorso assieme ai soldati del secondo reggimento alpino di Cuneo. Prima di imbarcarsi si era fermato qualche giorno a Verona presso i familiari, il tempo di prendersi i complimenti per la laurea appena conquistata e scambiarsi gli auguri. Giovedì aveva terminato le due settimane di ambientamento a Kabul.
Tra la gente che si raduna sgomenta nella tranquilla via di Borgo Milano, pochi hanno ricordi di Manuel che cominciò l'accademia otto anni fa, ma tutti conoscono suo padre. «È il capo del condominio, una persona per bene, orgoglioso di suo figlio», dice un vicino. «Era sicuro che il ragazzo avrebbe fatto tanta strada perché gli davano incarichi importanti», aggiunge un altro. «Manuel era bravissimo, serio e attaccato alla famiglia», ricorda una signora. Arriva il prete della parrocchia di San Domenico Savio, arriva il comandante provinciale dei carabinieri colonnello George Di Pauli (che comandava la base dei carabinieri di Nassirya colpita dall'attentato del 12 novembre 2003), arrivano il sindaco Paolo Zanotto, il prefetto Italia Fortunati, il questore Luigi Merolla.
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