Controcultura

L'autonomia di Ferrara deve essere rispettata

Palazzo Diamanti non può dipendere dalla pur bella Modena: la storia lo dimostra

L'autonomia di Ferrara deve essere rispettata

Ferrara fu una città gloriosa, e ha due musei di prima grandezza: il palazzo detto di Ludovico il Moro con il Museo nazionale di Archeologia e il Palazzo dei diamanti con la Pinacoteca nazionale ma anche con la sezione espositiva che dipende da Ferrara Arte, che io presiedo e che è stata, fin dagli anni Sessanta, nel maestoso palazzo rinascimentale, all'avanguardia di tutte le mostre dei musei di arte contemporanea in Italia. Il tempo della grande arte ferrarese dura circa due secoli, fino al 1598, sotto la dinastia degli Estensi che si stabiliscono poi a Modena, trasferendovi una parte cospicua del patrimonio artistico di altissimo valore. Ferrara, come fu nel Rinascimento, torna capitale agli inizi del Novecento con la presenza dei pittori che si ritrovarono all'Ospedale psichiatrico durante la prima guerra mondiale: Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Alberto Savinio, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi, per costituirvi la pittura «metafisica» che ha il suo manifesto ne Le muse inquietanti dominate dal castello Estense. Con il Futurismo, si tratta della più importante espressione artistica del Novecento italiano, che aprirà la strada in Francia all'universo surrealista. A Ferrara nascono e si formano grandi maestri come Gaetano Previati, Giovanni Boldini, Achille Funi, Roberto Melli. Poche città mostrano tanto fervore, se non Milano o Roma. Ma non basta.

Ferrara è anche la città del cinema, di Michelangelo Antonioni e Florestano Vancini, e fu lo scenario di capolavori di Visconti, di De Sica, di Valerio Zurlini, di Ermanno Olmi, di Giuliano Montalto.

Nel 1963, primo in Italia, il maestro elementare Franco Farina inizia una formidabile attività espositiva che porta Ferrara al centro della produzione internazionale di mostre di arte contemporanea. Prima di tutte le città italiane e prima della stessa nascita di musei di arte moderna e contemporanea, che seguirono a Torino, a Prato, a Roma, a Bologna. Non meno importante e tra i primi in Emilia, è il Museo Archeologico Nazionale, allestito nel palazzo tradizionalmente riferito a Ludovico il Moro, progettato dal grande architetto Biagio Rossetti per Antonio Costabili, segretario di Ludovico, e personalità di spicco della corte del Duca Ercole I d'Este.

Il museo conserva le testimonianze della necropoli e dell'abitato di Spina, il fiorente porto commerciale etrusco che tra il VI e il III sec. a.C. fu uno dei grandi centri della regione. Sono esposti alcuni dei corredi ritrovati nelle oltre 4.000 tombe, reperti di impressionante bellezza tra cui spicca un'imponente raccolta di vasi attici a figure rosse del V sec. a.C. Recentemente ampliato e riallestito, il museo vanta una Sala del Tesoro affrescata dal Garofalo, la Sala delle Piroghe, imbarcazioni monossili di età tardo romana (III-IV secolo d.C.), e la Sala degli Ori con gioielli d'oro, argento, ambra e pasta vitrea risalenti al V e IV secolo a.C. Al piano terra, quattro sale di cui due affrescate dal Garofalo e dalla sua scuola sono dedicate «alla città dei vivi», all'abitato di Spina, ai culti e ai miti, ai popoli e alle scritture.

Che tutto questo, in un luogo incluso nella lista dei siti patrimoni dell'umanità come «Citta del Rinascimento», «mirabile esempio di città progettata nel Rinascimento, che conserva il suo centro storico intatto e che esprime canoni di pianificazione urbana che hanno avuto una profonda influenza per lo sviluppo dell'urbanistica nei secoli seguenti», sia, con Palazzo dei Diamanti, il principale edificio del Rinascimento in tutto il nord Italia subordinato alla Galleria estense di Modena, è ingiusto e inconcepibile. Soprattutto considerando che, nella storia dell'arte, ben diverso è il rilievo della Scuola ferrarese rispetto alla Scuola modenese, e che la Galleria estense (come dice il nome) è in gran parte costituita dalle collezioni della corte ferrarese che ospitò gli artisti e i letterati più celebri dell'epoca, come Piero della Francesca, Rogier van der Weyden, Giovanni Bellini, Andrea Mantegna, Tiziano, Cosmè Tura, Dosso Dossi, Benvenuto Tisi da Garofalo.

Tutti gli Estensi, soprattutto nel periodo in cui furono duchi di Ferrara, ebbero particolari cure per collezioni d'arte: Lionello, Borso, Ercole I, Alfonso I, Ercole II e dei due cardinali Ippolito I e Ippolito II, proprietario della famosa Villa d'Este a Tivoli. Oltre ai dipinti gli Estensi collezionarono statue, bronzi, bronzetti, avori, vetri, ceramiche, cammei, medaglie e monete.

Forse fu una scelta sbagliata, per descrizione, da parte del ministro Franceschini, ferrarese, a determinare questa anomalia che ha il carattere di una punizione rispetto alla Storia e di una perversione che viene stolidamente riproposta da alcuni esponenti della politica locale di Modena che fino ad oggi, forse per rimozione, non ha consentito neppure di ricordare con una targa che Palazzo Ducale di Modena, ora sede dell'Accademia militare, fu voluto dagli Estensi nel trasferimento della loro corte da Ferrara a Modena, con la cosiddetta Devoluzione e la riduzione di Ferrara sotto lo Stato pontificio, in una nebbia che è durata fino a oggi.

L'insopportabile arroganza e ignoranza dei due sconosciuti esponenti del Pd che sottopongono la cultura alla politica, arriva a rivendicare il primato della Galleria Estense sulla Pinacoteca Nazionale di Ferrara, negando l'autonomia alla prima città estense, la cui gloria pittorica si è estesa soltanto in un secondo momento a Modena.

Inebriati dal primato certo del Lambrusco, dell'aceto balsamico, dell'«alta cucina» di Bottura, della Ferrari e della memoria viva di Pavarotti, primati che nessuno intende negare, i due politici locali non vogliono concedere a Ferrara la gloria della sua storia, rappresentata dalla Pinacoteca, dal Palazzo dei Diamanti, dall'addizione erculea, che indicano un primato nella pittura, nell'urbanistica, nell'architettura.

Non pensando di fare gare e mettere in competizione le due città, ho semplicemente considerato con il ministro Sangiuliano e con il Direttore dei musei Osanna l'opportunità di rendere autonoma la Pinacoteca Nazionale di Ferrara e il Museo Nazionale Archeologico di Spina, entrambi in edifici concepiti da Biagio Rossetti. Forse i due politici locali ignorano che l'assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, il senatore comunista Mario Roffi nel 1956 chiamò Bruno Zevi a celebrare Ferrara come «prima città moderna europea», secondo la definizione di Jacob Burckardt, proprio grazie alla «Addizione Erculea» di Biagio Rossetti. Nel Rinascimento e fino alla Devoluzione del ducato Estense nel 1598 Ferrara è una grande capitale dell'Arte, come Firenze e come Venezia.

Così, rispetto alla città estense di seconda fase, qual è Modena con il suo Palazzo Ducale, Ferrara, nella evidente inconsapevolezza dei due esponenti di partito, è la città che ha generato i più importanti studi sulla pittura e sulla architettura del Rinascimento: l'«Officina ferrarese» (non modenese) di Roberto Longhi e la monografia su Biagio Rossetti di Bruno Zevi, che indica Ferrara come esempio per l'urbanistica moderna, tanto da rieditarla con il titolo «Saper vedere l'urbanistica».

Soltanto i due straordinari testi ferraresi di Roberto Longhi e di Bruno Zevi, oltre alle Mura e alla suprema tradizione letteraria che ha i suoi poeti in Ludovico Ariosto e Torquato Tasso, ai quali si aggiunge l'iscrizione dell'Unesco nel patrimonio dell'Umanità, come «città del Rinascimento», legittimerebbero la decisione di rendere autonomi i musei di Ferrara, con casa Romei, dalla Galleria Estense di Modena.

La sfrontatezza dei due esponenti politici è una offesa alla grandezza della storia di Ferrara e alla sua autonomia.

Nessun dubbio che la mia posizione sia condivisa dal ministro Sangiuliano e dal Direttore dei musei Osanna; ma lo sarebbe anche da Ludovico Antonio Muratori, modenese intelligente e illustre storico dell'Italia e della grandezza di Ferrara.

Oggi Ferrara apre una mostra dedicata al grande mecenate Vittorio Cini che, con una grande collezione, lasciò a Venezia e al mondo la Fondazione Cini.

Oggi sarebbe orgoglioso del riscatto della sua città, che si prepara alla grande mostra del 2023 sul «Rinascimento a Ferrara».

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