Politica

La Lega insiste: «Vogliono processare il Nord»

Borghezio: clima simile ai tempi di Scalfaro, se vince l’Unione ritiriamoci sulle montagne

Adalberto Signore

da Milano

Il giorno dopo la sorpresa di Pontida, Umberto Bossi è di ottimo umore. Chi lo ha sentito ieri al telefono lo racconta allegro e spiritoso, sempre più convinto che processare il popolo del Nord finirà per essere un boomerang. Insomma, se il 7 febbraio del prossimo anno - a pochi mesi dalle elezioni politiche - il Gip di Verona dovesse accogliere la richiesta della Procura e rinviare a giudizio per attentato contro l’integrità dello Stato i vertici della Lega (tra ministri, parlamentari, eurodeputati e semplici militanti sono in 45 a essere sotto inchiesta), per il Carroccio non sarebbe altro che un enorme spot elettorale. Per giunta, gratuito.
Non è un caso che Roberto Calderoli (pure lui tra gli indagati) abbia subito annunciato con il sorriso sulle labbra l’intenzione di presentarsi all’udienza del Gip di Verona («ci saremo tutti»). Una linea che conferma pure Roberto Cota, sottosegretario alle Attività produttive nonché legale di molti dei leghisti indagati. «Come avvocato - dice il segretario della Lega Piemonte - penso che la linea da seguire sia quella di presentarsi tutti all’udienza. Vedremo, c’è tempo per decidere». Gian Paolo Gobbo, sindaco di Treviso e segretario della Liga Veneta, sotto inchiesta anche lui, non ha ancora preso una decisione in proposito. «Non mi sono mai presentato - dice - perché sono contro i processi alle idee. Questa volta, però, è diverso: la decisione spetta al movimento non ai singoli indagati».
Sul merito dell’inchiesta, invece, il Carroccio non arretra di un passo. Giancarlo Pagliarini, deputato ed ex ministro del Bilancio, da Berlino si limita a poche parole: «L’inchiesta di Papalia? Una cavolata, una stupidaggine mai vista...». Più o meno la stessa cosa che pensa Gobbo. «Se davvero si fosse ravvisato un rischio serio di attentato all’unità dello Stato - dice il segretario della Liga Veneta - allora andrebbero perseguiti i magistrati che in quasi dieci anni non hanno fatto nulla. La verità è che questa inchiesta dimostra la pochezza di questo Stato che vuole processare le nostre idee». Di «processo politico» parla anche Cota. «Papalia dice che le Camicie verdi non erano una bocciofila? Ha ragione - chiosa il sottosegretario - perché il nostro è un partito politico e mi pare che l’articolo 49 della Costituzione sia molto chiaro in proposito: “Tutti i cittadini - recita - hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”». «Le norme a cui si rifà la Procura di Verona - aggiunge Cota - sono fuori dalla storia, venivano usate sotto il fascismo per reprimere il dissenso. Allo stesso modo oggi vengono utilizzate per reprimere le idee politiche. La verità è che non esiste alcun reato». D’accordo il capodelegazione al Parlamento europeo Mario Borghezio, anche lui tra i 45 chiamati a presentarsi il 7 febbraio davanti al Gip. «Ci stanno riprovando», avverte. «Già ai tempi di Oscar Luigi Scalfaro - dice il presidente della Lega Piemonte - l’apparato pubblico aveva preparato le liste di quelli di noi che dovevano essere presi e portati in galera. Oggi vogliono fare lo stesso. Lo dimostra questo processo politico alla Lega: se il centrosinistra vince le elezioni è meglio che ci ritiriamo in montagna».
«Processare il Carroccio - conclude Cota - significa mettere sotto processo il popolo del Nord. Ma la gente non è scema e reagirà.

È questo il senso della linea che ci ha dato Bossi».

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