Il legale del Milan «Lo scudetto 2006 non è prescritto»

LA CORSA Tanti si dissociano da quella assegnazione a tavolino. Petrucci, presidente Coni: «Chi non parla fa bene»

«Dal punto di vista giuridico è tutto prescritto. Poi la questione dell’assegnazione del cosiddetto “scudetto di cartone” non è soggetta a prescrizione». Parole dell’avvocato del Milan, Leandro Cantamessa. Insomma, se l’ad del Milan Adriano Galliani si adegua al «chi non parla fa bene» del presidente del Coni Gianni Petrucci e continua a dire che quello che pensa lo tiene per sé, che «dal 2006 ho giurato che non avrei detto più nulla sulla faccenda» e che «Cantamessa è un avvocato e il suo è un pensiero da avvocato, non quello della società che rappresento io e io sto zitto», il legale dei rossoneri, all’arrivo in Lega calcio, non si fa pregare per commentare gli sviluppi di Calciopoli con le nuove intercettazioni rese note in questi giorni. «A me oggettivamente, allo stato, al di là dell’udienza del 13 aprile - dice l’avvocato - non pare probabile una variazione. L’assegnazione di quel titolo fu fatta con atto discrezionale da un soggetto (Guido Rossi, commissario straordinario della Figc e ex membro del cda dell’Inter, ndr) che ricopriva i poteri che spettano al consiglio federale».
Un «atto discrezionale» dal quale ora c’è la corsa a prendere le distanze. Ormai non si contano più le dichiarazioni di esponenti del calcio che dicono «lo scudetto del 2006, in effetti si poteva anche non assegnare...». Da Piero Sandulli, ex presidente della Corte Federale e giudice che emise la sentenza d’appello su Calciopoli, al presidente emerito della Corte Costituzionale e capo della commissione di Appello federale della Figc, Cesare Ruperto. Da Gerhard Aigner, ex segretario generale dell’Uefa e capo della commissione dei «saggi» di Guido Rossi a Luca Pancalli, presidente del Comitato Paraolimpico ed ex commissario straordinario della Figc nell'immediato post-Calciopoli: «Io ho sempre detto che quello scudetto poteva anche non essere assegnato».
Distaccati e in prudente attesa di quanto avverrà martedì prossimo a Napoli, quando i magistrati del Tribunale di Napoli che giudicano Luciano Moggi per associazione a delinquere dovranno decidere se le intercettazioni riesumate dai legali dell’ex dg bianconero entreranno o meno negli atti del processo. Intanto, non meglio identificate fonti investigative smentiscono la tesi difensiva di Moggi, secondo la quale le telefonate in cui i dirigenti dell’Inter parlavano con i designatori arbitrali (anch’essi imputati a Napoli) non venivano mai trascritte e depositate. E fanno riferimento all’informativa trasmessa alla procura di Napoli il 28 marzo 2007 dai carabinieri del Reparto operativo di Roma.
In particolare, al capitolo che va sotto il titolo «Biglietti-abbonamenti Inter ricevuti da Pairetto - La designazione degli arbitri internazionali». Si tratta di conversazioni in cui Pairetto chiama Facchetti per chiedergli due biglietti per lo stadio, oppure lo informa sui nomi degli arbitri designati per un incontro dell’Inter di Coppa Uefa. Conversazioni che gli inquirenti hanno depositato tre anni fa, pur giudicandole irrilevanti sotto il profilo penale. Pronta la replica dei legali di Moggi: «Le intercettazioni che abbiamo scoperto tra le 171mila effettuate su disposizione della Procura di Napoli e di cui stiamo parlando in questi giorni, non figurano in alcuna informativa dei carabinieri», afferma l’avvocato Maurilio Prioreschi.
Ce ne sono dunque anche di nuove, come quella - trascritta dalla difesa di Moggi - in cui il 27 gennaio 2005 l’ex designatore rassicura Facchetti in vista del quarto di finale di Coppa Italia con l'Atalanta. «Vedrai che (l’arbitro) Palanca fa una bella partita... vedrai».

O quella pubblicata ieri da Libero, sempre tra Facchetti e l’altro designatore Pierluigi Pairetto (11 febbraio 2005) che si conclude con un curioso consiglio di Pairetto: «A presto mi raccomando eh, sai che sono sempre cose private eh, non si sanno, ecco queste cose qui». La risposta del dirigente dell’Inter: «Sì, sì, sono d'accordo». E Pairetto: «Proprio una cosa tra noi».
Una «normale» - come dice Moratti - telefonata con i designatori?

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