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Legge elettorale, Berlusconi dice no alle modifiche sulla bozza Bianco

L'ex premier: "Veltroni sta facendo uno sforzo titanico ma anche lui vuole solo una riforma bipolare". Oggi si riunisce la Corte Costituzionale per decidere sul referendum

Legge elettorale, Berlusconi dice no 
alle modifiche sulla bozza Bianco

Roma - È già da qualche giorno che nella Lega sta prendendo piede la convinzione che il referendum potrebbe alla fine essere il peggiore dei mali. Al punto che nel vertice di lunedì sera a Arcore, Bossi e i suoi colonnelli si sono presentati con tanto di memorandum scritto, invitando Berlusconi a non sostenere la bozza Bianco. Il che, sintetizzando, significherebbe una forte spinta verso il referendum.
D’altra parte, fa presente Maroni durante la riunione, «la bozza depositata» in Commissione è «devastante» e «contraddittoria». E non c’è dubbio che la legge elettorale che uscirebbe fuori dai quesiti sia «decisamente meglio». Considerazioni su cui si trova d’accordo anche Calderoli, convinto che «questo testo sia l’antitesi di quello che ci si era detti in Commissione» e che produrrà un «bicameralismo così imperfetto» da «portare l’ingovernabilità». È per questo che, prima di congedarsi, lo stato maggiore leghista chiede al Cavaliere che Forza Italia non voti la bozza Bianco. Altrimenti, «l’alleanza con la Lega può considerarsi sciolta, a partire dalle regionali in Friuli». E ieri, parlando con i suoi più stretti collaboratori dopo il suo arrivo a Palazzo Grazioli, Berlusconi ha manifestato più di un dubbio: «Restiamo disponibili al dialogo, ma così com’è la Bianco non si può votare».

Pur essendoci ancora qualche risicato margine di trattativa dopo la decisione della Consulta (che dovrebbe arrivare oggi), è chiaro che una simile impasse avvicina nei fatti il referendum. Sulla cui strada Berlusconi non ha più il deciso veto del Carroccio. Tanto che durante il vertice di Arcore ribadisce a Bossi che se «si dovesse votare con il sistema uscito dai quesiti referendari» la Lega «sarà ampiamente garantita». E Veltroni?, obietta uno dei presenti. «Con lui - è la risposta - abbiamo aperto un dialogo, ma non c’è nessuna intesa preventiva». E poi, ragionava ieri il Cavaliere in privato, il segretario del Pd sta facendo «uno sforzo titanico» ma anche lui vuole «un accordo alto» e «non ha interesse a portare a casa una riforma che non sia bipolare». Berlusconi, però, non vuole dare alcun alibi a un eventuale fallimento della trattativa e così, a differenza di quanto annunciato nell’intervista al Corriere della Sera, oggi non interverrà alla Camera sul tema delle intercettazioni.«Per evitare strumentalizzazioni in un momento così delicato», confidava ieri.

che la china sia quella referendaria lo certificano anche le prese di distanza dei colonnelli azzurri. Con Cicchitto che considera la Bianco «più piatta del tedesco» e Schifani che considera la nuova bozza un «passo indietro». «Valuteremo con attenzione - spiega Quagliariello, uno degli sherpa azzurri in materia elettorale - ma il nostro appoggio non è affatto scontato». Casini - che oggi pomeriggio incontrerà Berlusconi - la vede invece in modo decisamente diverso. Tanto che definisce la Bianco uno «sforzo incoraggiante». E mentre il segretario centrista Cesa fa sapere che «alle amministrative il centrodestra si ripresenterà unito», il suo vice Vietti si lascia scappare che più che bozza Bianco la si potrebbe chiamare «bozza Casini». Non c’è da stupirsi, dunque, che al Cavaliere non piaccia poi tanto («perché dovremmo fargli un favore?», chiedeva ieri sera ai suoi l’ex premier). Più defilato Fini - quasi certamente anche lui incontrerà Berlusconi oggi - che guarda con favore le modifiche inserite nella Bianco ma continua a pensare che il referendum sia «sempre più vicino».
E a quel punto, spiega il segretario del Pri Nucara, «bisognerà vedere come si comporterà il Prc» perché «non c’è dubbio che tutti inizieranno a ragionare in base agli interessi di bottega». E quello di Rifondazione, che vuole a tutti i costi evitare il referendum, «potrebbe essere di far cadere il governo, un azione paracomunista che galvanizzerebbe il suo elettorato in caso di elezioni anticipate».

Da tenersi, ovviamente, con l’attuale sistema elettorale.

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