
Una voce che si alza dalla Valle dei Templi, cornice magica in terra d'Agrigento. È quella di Gianfranco Jannuzzo che da quel mondo ha tratto i natali e che in Fata Morgana - il monologo con musica al Teatro Manzoni fino al 26 ottobre, primo titolo di prosa che dà il via al nuovo cartellone stagionale racconta intrecciando ricordi, temi, giochi linguistici, sguardi verso sé e verso la sua isola, ma anche verso il mondo esterno, perché il confronto con l'Altro fa riflettere immancabilmente sulle proprie radici. "Il personaggio di Fata Morgana, sorella di Re Artù ma anche personaggio legato alla Sicilia e ad alcune leggende che vogliono la maga far apparire e scomparire l'Isola per difenderla dagli invasori, è il pretesto per parlare della magia e dell'incanto di una terra, così come delle donne, del mare, dei luoghi comuni legati al mondo dove sono cresciuto. spiega l'attore Io ciclicamente ho bisogno di misurarmi in scena in solitudine e parlare della Sicilia era il modo più naturale per farlo". Non solo parole, ma suggestioni visive: "Fata Morgana - scritto a quattro mani da Jannuzzo con Angelo Callipo conta su una scenografia d'impatto (di Salvo Manciagli) che riproduce iconograficamente la succitata Valle dei Templi. "La Valle è un giardino incantato, un Eden che ben rappresenta la Sicilia che tutti avrebbero voluto conquistare per sempre, ma non ci sono riusciti spiega Jannuzzo La forza dei siciliani è stata quella di prendere influssi dai propri dominatori. In fondo, la mia isola si fa metafora di tutta l'Italia perché lo stesso destino è accaduto al resto del Paese. Tanti regni, tanti popoli che poi sono diventati uno Stato e un popolo".
Lo spettacolo di cui è protagonista Gianfranco Jannuzzo non si nega a una forte dose di ironia: "Racconto barzellette che ben illustrano come ridono, per fare un esempio, i catanesi, comparandoli poi coi genovesi. E poi ci sono i luoghi comuni coltivati dagli stessi bersagli: perché una capacità tutta italiana e dunque anche siciliana, è saper ridere di tutti a cominciare da noi stessi". Le riflessioni amare non mancano: "La Sicilia ricca e allegra cede il passo a quella spietata e contraddittoria prosegue Jannuzzo -, così come uno spazio a sé merita il racconto di chi ha dovuto lasciare la terra: perché c'è chi vuole andare via e chi deve andare via". La musica con il quartetto classico acustico di Angelo Palmeri all'oboe, Chiara Buzzurro alla chitarra, Alessio La China al violoncello e Nicola Grizzaffi a piano e tastiere è fondamentale nel monologo: "Le musiche ci tiene a precisare l'attore e regista sono originali, firmate da Francesco Buzzurro. In alcuni momenti ci sarà una sorta di tenzone tra la mia voce e gli strumenti".
Per Gianfranco Jannuzzo il passaggio dal Teatro Manzoni ha sempre un sapore speciale: "Ho un record e un rapporto unico con questo palcoscenico e col pubblico di Milano conclude l'attore siciliano, sposato con l'ex-modella milanese Ombretta Cantarelli Dagli esordi a oggi ho recitato al Manzoni per 19 spettacoli diversi.
Da ragazzino con due maestri come Gino Bramieri e Gigi Proietti e poi da protagonista. Da loro ho imparato l'uso dell'ironia. Bramieri diceva che era una sottile arte di sottrazione: è come affrontare una discesa in bicicletta, diceva, non devi mai pedalare: perché è dannoso, più che inutile".