Leonardo da Vinci Tutto il genio a carte scoperte

Immense tende scure nascondono il miracolo di luce. L'ingresso è cauto, l'occhio ha bisogno di tempo per adattarsi ad una sensazione che sarà lieve, penetrante, indimenticabile. Nuova, non diremmo: l'ambiente in cui stiamo per entrare è trasfigurato da fasci misteriosi che ci chiamano proprio perché «richiamano» qualcosa che conosciamo bene: il miracolo della luce, appunto. Una volta dentro, esaurito lo sguardo d'insieme sui sei coni luminosi e intrapreso il percorso di avvicinamento alle proiezioni pulviscolari, inizia la danza. È lo stesso Anthony McCall - l'artista inglese che dal 1973 vive a New York autore di questi film di luce solida esposti all'hangar fino al 21 giugno (via Chiese 2, tutti i giorni 11-19) - ad averla definita così. Danziamo per tutto il percorso espositivo, danziamo intorno e dentro e accanto e insieme alle sculture di luce, «Breath (the vertical works)», mostra in cui il performer classe 1946 presenta per la prima volta tutte le sue recenti sculture di luce in uno dei pochissimi spazi espositivi al mondo che, per altezza e scala, può ospitarle tutte, è questo miracolo: la nostra danza nella luce per afferrarla. E la danza della luce che, come accade dalla notte dei tempi, afferra noi. Miracolo è anche che le sculture di luce tridimensionali di Anthony McCall conservino, in un mondo dominato dalle stupefacenti virtualità 3D, una singolarità impossibile da replicare, sebbene anch'esse permesse da macchine. Si tratta di proiettori posti ad un'altezza di circa dieci metri: «Cinque volte la nostra altezza» spiega McCall. «Perciò ci si può solo muovere intorno alla parte più bassa della scultura e si guarda sopra al tunnel di luce anziché lungo esso. Inoltre le correnti d'aria disegnano la foschia e la portano ad avvitarsi con un movimento a spirale sino al punto in cui svaniscono nella lente del proiettore». La danza cui ci portano Breath I, II e III, Between You and I, Coupling e Meeting You Halfway (quest'ultima opera, concepita per questa mostra, è la più avvolgente di tutte) è un tentativo di comprendere, oltre che di prendere, la luce: passiamo la mano tra i fasci, li respiriamo, li attraversiamo con il corpo.

Colmi di aspettative virginali di fronte al mistero della luce che secoli di studi scientifici non hanno demolito. E che McCall rinnova, mantenendo infine la promessa, fatta da troppi e quasi mai mantenuta, di unire i nostri corpi in un dialogo con l'opera d'arte.

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