di Marco Travaglio
Uno si domanda che cos’abbia da sorridere e financo da «gioire» il Santo Padre dinanzi a Silvio Berlusconi che gli bacia la mano e promette il massimo impegno «in difesa della famiglia» (anzi, delle famiglie: lui ne ha due). Poi scopre che il premier s’è pure impegnato a dare più soldi pubblici a scuole e cliniche private, e capisce tutto. Uno si domanda che cos’abbiano da applaudire fino a spellarsi le mani gl’industriali riuniti a Santa Margherita Ligure sotto il palco di Berlusconi che, prima del malore, annuncia «il divieto assoluto di intercettazioni tranne per mafia e terrorismo», cinque anni di galera a chi le fa e le divulga, nonché «forti penalizzazioni economiche agli editori» che le pubblicano (quasi tutti presenti all’illustre consesso).
Colpisce, in particolare, la condiscendenza con cui la neopresidente della Confindustria Emma Marcegaglia e la sua baby-collega Federica Guidi si lasciano ridurre dal premier al rango di vallette, facendosi abbracciare davanti a tutti come una Carfagna o una Brambilla qualunque, prestandosi alle gag col fazzolettino asciuga-sudore, cinguettando agl’inviti a pranzo nell’ennesima villa, ridacchiando alle battutine di dubbio gusto. Sceneggiate impensabili soltanto qualche mese fa, quando alla guida degl’industriali c’era Luca di Montezemolo che, pur con tutti i suoi difetti, non si sarebbe mai prestato a certe piazzate da Club Méditerranée; e, sul fronte della legalità, ha dato segnali importanti, con forti denunce dell’evasione fiscale e addirittura con l’espulsione dei colleghi che pagano il pizzo alle mafie (anche se non commettono reati, anzi li subiscono).
La resa della giovane Emma, che fra l’altro parla con la voce di un navigatore satellitare, al nuovo padrone del vapore è imbarazzante nella forma quanto nella sostanza. Nemmeno un sospiro per rammentargli l’etica negli affari, mentre sono in corso o stanno per aprirsi i processi sui grandi scandali finanziari, da Parmalat a Cirio alle scalate bancarie, che han rischiato di spazzare via quel che resta del capitalismo italiano. Due anni fa alla Fiera di Vicenza, Diego Della Valle, memore dell’appoggio del Cavaliere ai furbetti, trovò il coraggio di dirgli a brutto muso ciò che si meritava. Ora è tutto dimenticato.
Il premier annuncia il «liberi tutti» ai furbetti di oggi e domani: nessuno scoprirà più i loro maneggi. E gl’industriali fanno la ola. Il che autorizza i cittadini a pensare di loro tutto il peggio possibile.
(12 giugno 2008)
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