La lettera del bimbo rom: «Mamma e papà, mi avete reso un mostro»

A dieci anni, si possono scrivere cose come queste. «Cari genitori vi mando questa lettera perché devo dirvi che vado in adozione; per le cose che mi avete fatto, le cose che a un bambino non bisogna fare». Come «andare al semaforo e chiedere i soldi, e di sera portando alle persone che non conosciamo tutti i bambini piccoli e facendo sesso con loro per soldi». Avave dieci anni, Stefan, quando è riuscito a raccontare gli abusi che aveva subito. Il piccolo rom era stato rapito dai genitori nell’aprile 2005 dalla comunità protetta a cui era stato affidato, dopo aver vissuto nel campo nomadi di via Triboniano. Il padre e la madre - Vasile Caldararu e Floraea Pomana - sono stati condannati a 18 anni di reclusione per prostituzione minorile e violenza sessuale, 150mila euro di multa ed espulsione dall’Italia una volta scontata la condanna. E ora, nelle motivazioni della sentenza, l’incubo di quel bambino viene ricostruito.
Il 16 ottobre del 2008 gli comunicano che potrà essere adottato da una nuova famiglia. Scrivono gli assistenti sociali che «si sente rassicurato, anche se, nello stesso tempo, com’è tipico dei bambini abusati, si scatena in lui la paura di rovinare la famiglia in cui si inserirà come se fosse un mostro». Il suo è un passato di violenze, venuto a galla nell’aprile del 2004, quando viene trovato da un poliziotto a chiedere l’elemosina a un semaforo di viale Toscana. Nel corso delle indagini, si scopre che Stefan - oggi 13enne - viene «venduto» dai genitori da quando ha 7 anni. «Una volta - confida a un ispettore - ho provato a dire alla mamma che quando andavo con il papà mi portava a fare sesso. Ma lei non mi ascoltava.

Avrei voluto che la mia mamma mi avesse protetto, come fanno tutte le mamme».
Aveva un sogno, Stefan. «Un’altra famiglia che lo accolga - scrivono i giudici -, e lo accudisca». Per la vita che ha vissuto, invece, il bimbo ha usato una sola parola. «Galera».

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