"Api, batteri e ippopotami hanno creato tecnologie perfette. Dobbiamo solo copiare..."

Il chimico Giorgio Volpi ci spiega come anche le nostre invenzioni più all’avanguardia siano state anticipate (e perfino superate) da animali, piante e funghi

"Api, batteri e ippopotami hanno creato tecnologie perfette. Dobbiamo solo copiare..."

Siamo ingegnosi, perfino geniali (come specie, si intende), eppure tante nostre invenzioni sono state già brevettate da piante, animali, batteri e funghi. La natura è proprio una fucina, come la immaginavano gli antichi, e ha «capacità scientifiche e ingegneristiche straordinarie» dice Giorgio Volpi. Chimico di formazione e tecnico di laboratorio all'Università di Torino, Volpi conduce ricerche sulla luminescenza, in particolare sulle «emissioni di luce da parte di composti organometallici», e al Festival della Mente di Sarzana sarà protagonista di un incontro su «Le invisibili abilità della natura» (sabato 30 agosto, ore 11.30, Cinema Moderno). Di questi argomenti ha anche scritto in un saggio, La natura lo fa meglio (e prima), pubblicato da Aboca nel 2024.

Giorgio Volpi, nelle invenzioni la natura ci ha preceduto e anche superato?

«Ci ha decisamente superato. Quello che la natura produce e sviluppa è tutto ecosostenibile e totalmente riciclato; invece, ciò che noi produciamo ha un impatto ambientale e crea rifiuti. Ma se la natura fa le stesse cose, anzi le fa ancora più all'avanguardia, e in modo ecologico, allora possiamo copiarla, e risolvere così i problemi legati all'inquinamento e al clima».

In che cosa la natura è meglio di noi?

«Un caso storico è l'oggetto stesso su cui è nata la scienza: la lente ottica, alla base del cannocchiale e del microscopio, gli strumenti con cui è stata realizzata la rivoluzione scientifica nel '600. Ebbene, la natura ha prodotto lenti insuperabili, dal punto di vista della messa a fuoco, della precisione e della definizione delle immagini e dei dettagli, almeno 250 milioni di anni fa, coi trilobiti: infatti questi animali, ormai estinti, sugli occhi avevano una specie di lente inorganica di calcite, un minerale superiore, dal punto di vista ottico, ai materiali che usiamo noi, ovvero vetro e plastica. Una lente tuttora insuperata. Perfetta. Per esempio fa passare l'ultravioletto, consentendo di percepire colori che noi non riusciamo a vedere. In pratica, l'oggetto totem della scienza era già stato inventato».

Potremmo utilizzare le lenti dei trilobiti?

«Eccome. Sono molto studiate: le proprietà ottiche della calcite sono interessantissime per sviluppare strumenti ottici avanzati come teleobiettivi, fotocamere, telescopi e microscopi. Ed era già tutto lì, nei fossili, in una creatura che è l'emblema dell'era paleozoica».

In che cos'altro ci ha preceduto la natura?

«Siamo convinti che solo noi umani usiamo i metalli, il fuoco e il vetro, invece non è così. Il fuoco è usato come arma da alcune api, che friggono le vespe rivali a novanta gradi e poi le lasciano bruciate vive all'ingresso dell'alveare, e sfruttato dai falchi delle steppe che, per nutrirsi, appiccano incendi».

Come generano il fuoco le api?

«Attraverso l'attrito, esattamente come fecero gli uomini primitivi. Quanto ai metalli, c'è una lumaca che si costruisce una armatura in ferro, come un carrarmato: estrae le particelle di metallo da un batterio con cui vive in simbiosi, il quale produce queste particelle come scarto; e poi la lumaca le usa per foderare il proprio guscio e i muscoli, diventando indistruttibile, come Lancillotto. Poi ci sono batteri specializzati nell'oro e nel rame: li estraggono dal suolo o dal fango e ci costruiscono nanoparticelle, nanocristalli, nanocavi...»

Sono i precursori delle nanotecnologie?

«È così. Per noi produrle è un lavoro molto difficile, frustrante e costoso, che lascia tonnellate di rifiuti e reflui tossici. Invece i batteri, senza laboratori e studenti, sono capaci di creare nanoparticelle in modo efficientissimo, estraendo oro, palladio, argento, cobalto, uranio, nichel: ciascuno è specializzato, come un operaio. Usano questi materiali per il loro metabolismo e poi li bloccano in nanostrutture, che alla fine vengono abbandonate e, perciò, potrebbero essere sfruttate facilmente. Addirittura c'è un batterio di lago che costruisce nanocristalli purissimi di magnetite, che poi lega fra loro, come in una collana: in pratica ha inventato l'ago della bussola».

Funziona?

«Certo, la collana si orienta e il batterio si muove lungo l'asse Nord-Sud. Ora, nessun laboratorio al mondo è in grado di realizzare ossidi di ferro magnetici che eguaglino, per purezza e uniformità di dimensioni, quelli di questi batteri. Le particelle così ottenute potrebbero trovare impiego in due settori chiave: in medicina, per le risonanze magnetiche; nell'industria, come catalizzatori per le reazioni chimiche».

Altri animali prodigiosi?

«Quelli che producono le colle. L'industria di colle e sostanze adesive muove milioni di euro, però esse sono tutte di origine petrolchimica; ebbene, esiste un batterio che, per mantenere attaccata la sua colonia, produce una colla due volte più potente di qualsiasi altra da noi creata. E poi ci sono ostriche e bivalvi che producono colle eccezionali, senza componenti tossiche; o il bisso marino, che produce la cosiddetta seta di mare; o il ragno... Sono miscele complesse, di fronte alle quali un chimico si leva il cappello. Dobbiamo solo copiarle».

È possibile?

«Sì, attraverso l'ingegneria genetica. Come abbiamo fatto con l'insulina, così possiamo produrre sostanze collanti o fluorescenti. Fra queste ultime, la più efficiente a produrre luce è una proteina - nota come Gfp - che uno scienziato giapponese ha estratto da una medusa: oggi questa sostanza si può comprare, grazie all'ingegneria genetica. È una scoperta che gli è valsa il Nobel».

A che cosa serve?

«Il mondo della fluorescenza è all'avanguardia, soprattutto per le applicazioni nella sensoristica e per individuare sostanze nel sangue, come nella amniocentesi detta fish. È un ambito dal futuro enorme. E poi ci sono i profumi».

I profumi sono legati alle piante.

«Certamente. L'aroma più utilizzato al mondo è la vanillina, che viene estratta dall'orchidea della vaniglia; però quella naturale è molto costosa, mentre noi abbiamo imparato a produrla dagli scarti del legname, a un prezzo molto inferiore. I profumi sono importanti anche nel mondo animale, perché sono un mezzo di comunicazione: ormoni, ma anche attacco e difesa. Formiche e api usano i feromoni come segnale di allarme e come tracciante: quando vediamo le formiche in fila è perché stanno seguendo un odore, così come quando le api attaccano all'improvviso è perché hanno rilasciato un feromone di allarme. Questo può aiutarci a migliorare le tecniche agricole, per esempio per eliminare insetti nocivi rilasciando questi ormoni, anche se bisogna stare molto attenti a modificare gli ecosistemi».

Che altro crea la natura?

«Il vetro. La storia umana nasce col vetro: punte di lancia, vasi, vetrate medievali, grattacieli... La natura però lo ha scoperto prima. Le ortiche ci pungono con frecce vetrotossiche; le spugne marine costruiscono fibre ottiche, che conducono la luce, in vetro purissimo; le diatomee sono alghe in grado di creare incredibili ricami in vetro purissimo, degni di un artigiano di Murano, senza altoforni o fusioni. Perfino le piante di riso, mais, grano e bambù si reggono grazie a nodi costituiti di piccole strutture in vetro, i fitoliti, o pietre delle piante».

Ci sarà qualcosa in cui non siamo rimasti indietro?

«... Beh, nella conversione dell'energia solare non possiamo neanche competere con le piante; e poi esistono batteri che estraggono energia dal metano, dall'idrogeno e dallo zolfo, e noi questo non siamo proprio in grado di farlo. Nel mondo dell'elettromagnetismo ci sono animali che si geocalizzano quasi come avessero un gps, come i piccioni viaggiatori; e animali che producono elettricità, come le anguille, che utilizzano la corrente per stordire le prede».

Come fanno?

«Hanno delle batterie nel loro corpo, con cui si caricano e producono corrente. Sono molto potenti: possono anche paralizzare la gamba di una persona. Volta ha creato la pila alla fine del Settecento, ma le anguille da milioni di anni».

Perché la natura ci surclassa così?

«Non dobbiamo stupirci: noi, come specie, abbiamo duecentomila anni, ma la vita è cominciata due miliardi e mezzo di anni fa, perciò la natura ha avuto un tempo infinito a disposizione...»

Un animale da cui imparare?

«Adoro l'elysia, la lumaca solare, che ha imparato a mangiare alghe per non dover mangiare più: digerisce le alghe e ne sequestra i cloroplasti, che fanno la fotosintesi, così poi vive tranquilla al sole, per mesi, senza dover più cercare cibo. Sembra una foglia verde. Di fatto si costruisce dei pannelli solari hitech incorporati, e in questo modo ha risolto i problemi della fame e della conversione energetica. Un'ingegneria pazzesca».

Un animale più comune?

«L'ippopotamo. È molto studiato, perché mangia grandi quantità di erba sulla terraferma e poi defeca nell'acqua: quello che accade è che il silicio, che si trova nei fitoliti di silice dell'erba, viene trasportato nell'acqua, esattamente come quando noi raccogliamo i cereali in un campo e li portiamo via; solo che, a differenza nostra, non impoverisce il terreno. Non sappiamo come faccia: perché il circuito dell'ippopotamo è virtuoso? Può insegnarci a evitare la desertificazione?».

Un superpotere della natura?

«L'ecocompatibilità. Ricicla tutto. Non è sempre stato così: ci sono stati disastri e cataclismi, ma oggi la natura riutilizza tutto, vetro, ferro, legno, colle. Uno smartphone ha dentro 40-60 elementi, fra cui metalli nobili e costosi, e non siamo in grado di riutilizzare quasi niente. Se Dio vuole impareremo anche noi.

Il fatto è che studiare e salvare la natura non è solo una passione bucolica, ma ha anche un valore economico. La natura è un'università, con laboratori, esperti di conversioni, nanotecnologie e materiali. Quando distruggiamo un ecosistema, distruggiamo una biblioteca di brevetti».

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