Mick Herron, aria sorniona e un lock molto british - che potrebbe andare bene per un agente del MI5 in borghese - è arrivato ieri a Milano per il Noir in Festival, che oggi lo premierà con il Raymond Chandler Award. Herron, classe 1963 e nato a Newcastle, è autore di decine di romanzi ma ad averlo reso famoso in Italia e nel mondo è soprattutto il ciclo dedicato all'agente dell'MI5 Jackson Lamb e alla sua banda di «Slow horses», ovvero di spie da strapazzo. Brocchi dell'intelligence esiliati in un palazzaccio di Londra, «la Casa del pantano», da cui escono per risolvere misteri e mandare in bestia gli agenti seri... Un successo globale diventato l'omonima serie tv Slow Horses (Apple tv+) e che in Italia è stato pubblicato da Feltrinelli, che ha mandato alle stampe a giugno il nuovo titolo della serie: Le regole di Londra. Le indagini di Jackson Lamb (pagg. 350, euro 20). Abbiamo chiesto ad Herron di raccontare al Giornale la genesi e i segreti di questa saga, politicamente molto scorretta, centrata su un gruppo di agenti che sono tutto l'opposto dell'algida perfezione di James Bond.
Come è nata questa serie di romanzi? Al centro c'è la «Casa del pantano» che è quasi un personaggio.
«La serie è nata da diversi stimoli, da cose che provenivano da diverse direzioni. Ma il palazzo è effettivamente un punto di partenza. L'idea iniziale mi è venuta quando lavoravo ancora come vicepresidente di una società che si occupava di diritto del lavoro. Vicino a dove lavoravo c'era un palazzo orribile. Un giorno lo stavo guardando pensando a quanto sia difficile licenziare i dipendenti pubblici. Poi mi è venuto in mente che anche le spie sono dipendenti pubblici. Ho pensato ad un gruppo di agenti pessimi ma non licenziabili che, per punizione, vengono buttati in un palazzo orrendo fuori dalla sede centrale dell'MI5».
L'interno del palazzo alimenta tra gli agenti dinamiche infernali. Quello se l'è inventato di sana pianta?
«L'ho pensato sulla base della situazione, volevo che facesse interagire i personaggi, che ognuno avesse un ambiente, uno spazio che corrispondesse al suo carattere, ma che tutto questo desse il via a svariate interazioni. Non lo esplicito nei romanzi ma io penso sempre alla Casa del pantano come a un corpo umano dove tutto è collegato... Di fondo è un inferno per costringere questi perdenti a dimettersi».
La sua serie è l'opposto di un filone di spy story in cui le spie sono dei super uomini, stile James Bond...
«Non ho ragionato in opposizione al genere. Piuttosto è una questione di propensione personale. A me interessa quello che succede alle persone normali, anche un po' disfunzionali come siamo tutti... Ho pensato: anche gli agenti segreti sono persone normali, devono pagare il mutuo, vanno in analisi, litigano col capo...».
Ecco, il capo di questo gruppo di spie è Jackson Lamb, sullo schermo interpretato da Gary Oldman, uno dei personaggi più politicamente scorretti della storia del romanzo giallo.
«È la diretta continuazione del luogo. Volevo un personaggio veramente spiacevole, con una visione della vita brutale, politicamente scorretto... Io non sono contro il politicamente corretto nella vita reale, se lo intendiamo come l'essere gentili con gli altri. Ma nella finzione letteraria mi serviva proprio l'opposto».
Molti lettori però trovano che Lamb, sotto la scorza dura e scorretta abbia tratti di umanità, se non proprio un cuore d'oro. L'autore che dice?
«Lamb ha un codice morale che scatta quando la squadra è in pericolo. Sono dei perdenti, ma sono i suoi perdenti. Ha un senso di appartenenza, o meglio sente che i suoi uomini gli appartengono. Molti lettori provano verso di lui empatia, ci vedono altro. Un romanzo funziona quando dà spazio al lettore per interpretare le cose, non impone visioni. Se ci vedono del buono...».
Ha studiato l'MI5 e le sue procedure per il romanzo?
«Non ne ho avuto molto bisogno. I brocchi le procedure le infrangono e hanno un'attrezzatura di terza categoria. Non avevo bisogno di creare l'agente perfetto, anzi...».
I suoi sembrano degli 007 ma inventati dai Monty Python. Come si mischia l'ironia a una trama gialla che funziona?
«L'ironia nasce dal fatto che i personaggi sono ironici tra
di loro come forma di difesa, proprio perché vivono in una situazione infernale. Poi io spesso li lascio vincere, avere una rivalsa contro il sistema... Magari è il limite dei miei romanzi» (Lo dice con una mezza risata).