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Dei ed eroi della Grecia realizzano i sogni del nostro inconscio

Nato nel 1897 nell’odierna Timisoara, a quei tempi territorio ungherese, Kerényi è professore di filologia classica a Pécs dal 1936 e a Szeged dal 1940

Dei ed eroi della Grecia realizzano i sogni del nostro inconscio
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«Con la nuda, urtante imbecillità non si polemizza neanche». Le parole che Károly Kerényi scriveva a Furio Jesi in una lettera del 1965 sono un riassunto della sua personalità: definitiva, proprio come le sue parole, le sue opere e la sua vita.

Nato nel 1897 nell’odierna Timisoara, a quei tempi territorio ungherese, Kerényi è professore di filologia classica a Pécs dal 1936 e a Szeged dal 1940; emigrato in Svizzera nel 1943, non farà mai più ritorno nel suo paese. Professore, studioso, maestro, corrispondente, tra gli altri, di Herman Hesse, Thomas Mann, Carl Gustav Jung, Kerényi era allievo di Walter Otto, che gli aveva suggerito di combinare gli studi di storia delle religioni con quelli di storia antica. Non si può non avere nostalgia di questa mente così lucida, profonda, passionale, capace di riflettere sul dramma del tempo nella vita umana e definire la natura della festa come una «tregua del cammino del mondo affinché si esprimano figure eterne che con il loro manifestarsi allargano il momento fino ai limiti di un’immobile eternità », e, al contempo, di riflettere con straordinaria precisione sull’orrore provocato proprio dall’uomo.

Nel 1941, Kerényi terrà la sua prima conferenza al convegno di Eranos e farà la sua conoscenza diretta con Jung, che, quando lo ascoltava parlare, sedeva con una matita, fumava il sigaro e «assorbiva ogni parola sulla misteriosa Ecate». Dal loro rapporto, sarebbero nati i fascinosissimi Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia , in cui la tesi junghiana dell'inconscio collettivo dialoga con alcune delle pagine più straordinarie sulla mitologia che Kerényi abbia scritto: in fondo, la creazione mitica non è che la rappresentazione degli archetipi, e come tale rivela una sfera importante della psiche. Quella psiche che, in realtà, Kerényi indaga in ogni pagina dei suoi Dèi della Grecia ed Eroi della Grecia , ripubblicati dal Saggiatore in una nuova edizione in due volumi illustrati: ci sono i Titani con le loro lotte, le Moire, Ecate e altre divinità preolimpiche; c’è Mirra, che, innamorata del padre, lo inganna fingendosi una fanciulla sconosciuta e giace con lui per dodici notti. Smascherata, fugge e prega gli dèi di non essere in nessun luogo, né tra i vivi né tra i morti; gli dèi hanno misericordia di lei, e la trasformano nell’albero che piange con le lacrime più aromatiche il proprio frutto, il frutto del legno: Adonis. E sarà proprio Adone, futuro amante di Afrodite, a nascere dalla corteccia dell’albero della mirra.

C’è Dioniso, ritratto barbuto, solo, sdraiato su una barca, in cui l’albero e la vela sono coperti da un’esuberante crescita di tralci da cui pendono grappoli giganteschi: un dio che pare delicato e innocuo, ma si trasforma in un leone feroce.

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