"Ecco le 'Sante Messe' di Tondelli"

Intervista ad Antonio Spadaro. Il padre gesuita ha trovato letture (Testori) e appunti sorprendenti di opere incompiute

Pier Vittorio Tondelli
Pier Vittorio Tondelli
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Padre Antonio Spadaro (gesuita, teologo, ex direttore della rivista La Civiltà Cattolica e sottosegretario del Dicastero per la cultura e l`educazione), è recentemente tornato in libreria con Ho sempre cercato tutto (Bompiani), definibile come un`immersione, una catabasi nel mondo di Pier Vittorio Tondelli che ci viene restituito in modo inedito, appassionante e coraggioso.

Padre Spadaro, da dove viene l`esigenza di scrivere questo libro?
«Da lontano, da almeno trent`anni di letture e studi. Era il 1993, mi trovavo a Napoli, non avevo letto niente di Tondelli e comprai una copia di Camere separate, il suo ultimo romanzo, che mi impressionò subito».

Cosa la colpì?
«L`intensità della scrittura, il senso delle relazioni e la presenza di simbologie religiose. Mi sono dedicato in seguito alle altre opere di Tondelli, andando a ritroso».

Com`è evoluta questa passione?
«Direi che ha dato avvio a un`avventura. Poco dopo scrissi un articolo, che uscì nel ?94 e venne ripreso da moltissimi. Da allora non ho mai smesso di occuparmi di quest`autore».

Dopo un percorso simile, cos`è che l`ha stupita?
«Una frase che Tondelli scrive in Rimini: "Ho sempre detestato la gente soddisfatta". Parole che rivelano il suo occhio mai banale, che fa sempre un passo indietro e a cui non interessa la superficie».

Tondelli è ricordato anche per la discrezione con cui affrontò la malattia, l`Aids.
«Fu una scelta personale, certo apprezzabile. Il suo riserbo tuttavia non gli impedì di rielaborare quell`esperienza nella scrittura».

Il romanzo con cui esordì nel 1980, Altri libertini, fu giudicato all`epoca osceno e blasfemo. Cosa ne pensa?
«Tondelli descrive proprio l`aspirazione a quella purezza, al ritrovamento di un paradiso perduto: ciò si percepisce soprattutto in Altri libertini, dove è inscenato il dramma di una generazione in cerca di un senso».

Per il suo secondo romanzo, Pao Pao, lei parla di una «tensione monastica», cos`è?
«Si tratta della dimensione della sua esistenza che ha sempre avuto al centro la ricerca dell`assoluto: da qui l`immagine del monaco come persona che vorrebbe trovare un senso, il senso di cui parlavamo prima, contrapposta al libertino, che si perde nella superficialità».

Con l`uscita di Rimini, nell`85, entriamo invece nel secondo Tondelli. Cosa cambia?
«Molte cose, in particolare assistiamo a una concentrazione sull`io. È "la catastrofe dell`io". Ma specifico che Tondelli riflette sull`interiorità anche per criticarla, e tenendo comunque presente gli altri. Per lui non c`è un "io senza un ?noi`". Sempre in questo romanzo emerge forte il tema religioso».

Tondelli dichiarò che i tre momenti erotici del testo dovevano essere visti come momenti religiosi: può spiegarmi meglio?
«Per Tondelli la religiosità coinvolgeva la sua intera umanità, per questo non voleva separare la propria religiosità dalla propria sessualità. In Camere separate questo sarà ancora più evidente: qui è citato il profeta Osea, il quale parla di Dio che si rivolge al suo popolo come a una prostituta che tradisce».

Tondelli parlava anche del Cristianesimo come dell`unica religione possibile.
«Intendeva dire che era l`unica strada per lui praticabile. Non dimentichiamo che lo scrittore, per quanto abbia vissuto degli allontanamenti dal Cristianesimo, in quello stesso Cristianesimo è stato plasmato e cresciuto. E la sua opera ne è naturalmente testimone».

Nelle storie di Tondelli, a mio avviso, c`è anche tanta speranza.
«È vero. "In fondo basta che abbia qualcuno da amare", scriverà in Pao Pao, "basta un territorio di diffusione d`affetto e sarò per sempre salvo"».

Pensiero che lo porterà a una conclusione decisa: «La letteratura non salva. L`unica cosa che salva è la fede».
«Un concetto del genere era già stato espresso da altri grandi autori, come Clemente Rebora e Jean Cocteau. Tondelli però non sta esprimendo un giudizio negativo sulla letteratura, ma un bisogno di fare i conti con sé stesso».

Lei ha lavorato nella biblioteca personale di Tondelli: che esperienza è stata?
«Lo devo ai familiari dell`autore, che conosco da tempo e coi quali collaboro. Ho potuto così visionare i suoi volumi, leggere i suoi commenti, ricostruire certe influenze insieme a possibili progetti. Sono entrato nelle radici della sua visione di scrittore».

Ha trovato materiali inediti?
«Alcuni appunti, che ho inserito nella mia pubblicazione».

Qual è la stata la scoperta più emozionante?
«Riguarda quello che con molta probabilità fu l`ultimo libro

letto da Tondelli: la Traduzione della prima lettera ai Corinti, di Giovanni Testori. Esaminando le sue annotazioni in quelle pagine, ho ricostruito l`abbozzo di un`opera che doveva intitolarsi Sante Messe, mai realizzata».

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