
Quest’anno il Festival della Letteratura di Mantova accende i riflettori su Agatha Christie raccontandone diversi aspetti: la rivoluzionaria madrina del giallo all’inglese, l’appassionata viaggiatrice, la moglie tradita, la studiosa del mondo antico, la grande autrice di teatro, la creatrice di personaggi indimenticabili. A dare voce alle sue storie saranno autori come Franco Forte, Alessia Gazzola, Bianca Pitzorno, Antonio Moresco, Luca Scarlini che l’hanno amata e studiata. A raccontare poi nel dettaglio la biografia della scrittrice inglese sarà la britannica Lucy Worsley autrice di La vita segreta di Agatha Christie (Salani Editore). È lei stessa a svelarci com’è nata l’idea della sua monografia. «Avevo già pubblicato una biografia di Jane Austen ( A casa di Jane Austen ) e volevo raccontare un’altra persona che, come lei, a volte era stata descritta come una “donna difficile”. Avevo la sensazione che Agatha Christie non avesse ricevuto giustizia nei numerosi libri su di lei, che la descrivono come una figura riservata, subdola o in qualche modo malevola. Sono più una storica che una biografa, e mi piace radicare il mio lavoro nel contesto storico. Dopotutto, visse in un’epoca di immensi cambiamenti per tutte le donne – nacque nel 1890 e morì nel 1976 – e per certi versi è un perfetto esempio di come il XX secolo abbia influenzato anche altre donne. Dovette affrontare il lavoro e la famiglia, il divorzio, la malattia mentale e gli sconvolgimenti della guerra. Dovette anche – e questo era meno tipico! – affrontare la pressione di diventare una celebrità globale».
Che rapporti aveva la Christie con la sua famiglia? «I suoi genitori erano persone ricche, pigre e convenzionali, e non riuscirono a dare ad Agatha un’istruzione adeguata. Pensavano che avrebbe potuto compromettere le sue possibilità di successo nella vita, che, ai loro occhi, risiedevano nel fare un buon matrimonio. Ma questo significò che si istruì da sola, attraverso letture voraci, che le diedero un approccio al mondo non convenzionale e fresco. E quando la famiglia perse la sua fortuna, lo stress che ne derivò causò la morte del padre di Agatha quando lei aveva solo undici anni, il trauma le rese famigliari le emozioni più oscure che sono al centro dei suoi romanzi».
Cosa pensa della sua autobiografia?
«La scrisse tardi, motivata anche dal desiderio di impedire a chiunque altro di scrivere la sua storia di vita con parole che non fossero le sue! Quindi fu costretta a descrivere eventi del suo passato e non sempre lo fece nel dettaglio. Ho avuto la fortuna di avere accesso alle sue lettere, ai suoi documenti, ai suoi quaderni e a molti altri materiali d’archivio, oggi custoditi da suo nipote. Scoprire la sua calligrafia - che è molto difficile da decifrare! - è stato emozionante. Ho anche indagato in altri archivi e intervistato molte persone che avevano conosciuto Agatha Christie. Il tempo passa, ognuno dà la propria interpretazione degli eventi. È stata una vera sfida arrivare alla verità».
Qual è l’episodio che le è piaciuto di più raccontare?
«Non posso dirle di essermi divertita a fare ricerche sulla parte più traumatica della sua vita, ovvero la sua “scomparsa” nel 1926, ma credo sia stato importante farlo. Nel 1926, Agatha Christie scomparve per undici giorni. La storia che circolava all’epoca è che si fosse nascosta di proposito, per pubblicizzare i suoi libri o per incastrare il marito traditore con l’accusa di averla assassinata. In realtà, la verità è più oscura e triste. “Scomparve” perché attraversò un periodo devastante di problemi mentali. Attentò alla sua stessa vita e poi entrò in uno “stato di fuga”, una risposta a un evento stressante, in cui non riesci a ricordare chi sei o qual è la storia della tua vita. Nel suo caso, fu una risposta all’infedeltà del marito, alla morte della madre e alla pressione di dare seguito al grande bestseller che aveva appena pubblicato, L’assassinio di Roger Ackroyd ».
Che idea si è fatta della sua passione per i viaggi?
«Era in linea con l’essere nata in una famiglia benestante nel 1890. Inizialmente andò in Francia, perché la sua famiglia stava perdendo la propria fortuna. Poi, negli anni ’20, molte navi da guerra furono convertite in navi da crociera e viaggiare divenne un’attività ricreativa ambita per l’alta borghesia. Agatha viaggiò in tutto il mondo via mare, imparando persino a fare surf. Negli anni ’30 si recò spesso in Medio Oriente con il suo secondo marito, un archeologo. Il treno, il piroscafo sul Nilo, l’hotel: questi sarebbero diventati i luoghi preferiti per i suoi omicidi».
Come ha cercato di raccontare la sua sparizione?
«La maggior parte degli scrittori ha trattato la vicenda come un giallo o un problema, o ha affermato che Agatha non ne abbia mai parlato. Non è affatto vero. La verità su quanto accaduto, ho scoperto, era nascosta in bella vista, perché poco dopo la sua scomparsa, ha rilasciato un’intervista al Daily Mail in cui ha raccontato dell’attentato alla sua vita e della sua malattia. Il problema era che questa non era la storia che la gente voleva sentire. Preferivano la storia del marito traditore incastrato per omicidio. Era più il genere di cose che si aspettavano da uno scrittore di gialli».
Chi preferisce fra Poirot e Miss Marple?
«Preferisco il personaggio di Miss Marple e credo di poter davvero capire la sua ingannevole auto-presentazione come “solo” una “vecchia signora”, ma preferisco le trame e i libri in cui appare Poirot. Era il personaggio preferito da Agatha Christie nel suo periodo più creativo, dal 1926 fino alla Seconda guerra mondiale. In realtà si stancò di Poirot, che è piuttosto pieno di sé, ma sapeva che lui le pagava i conti, quindi doveva tenerlo in attività».
Perché le sue storie non
sono mai invecchiate?«Perché racconta che le persone non sono ciò che sembrano, al modo in cui tutti indossiamo maschere per nascondere il nostro vero io. Questo è vero in qualsiasi società, in qualsiasi epoca».